domenica, Settembre 22, 2024 Anno XXI


Sei anni fa, in un tristissimo 25 febbraio, salutavamo per sempre su questa terra il Marchese, Alberto Sordi.
Per molti di noi è stato un Mito, per altri un Maestro, per tutti comunque Alberto, il più Grande.
Con la sua faccia, i suoi personaggi, il suo genio ha rappresentato in tutte le forme, nel bene e nel male, i romani di ieri, di oggi e forse pure quelli di domani.
Con un’ironia, tipicamente romana, prima che italiana, che rasentava il cinismo.
L’immagine personificata del popolo romano, senza ammiccamenti e senza menzogne.
Perché non ha mai nascosto al Mondo intero i nostri difetti, che però lui era capace di intrecciare ai nostri pregi, all’arguzia e alla bonomia, rendendoceli così, in fondo, più accettabili.
Ognuno di noi ha un personaggio a cui è più affezionato e non c’è romano che non ricordi, al volo, almeno una battuta, una scena, un dialogo.
Come se fosse stato uno di famiglia.
E, ovviamente, uno della famiglia romanista.
Perché era semplicemente inconcepibile che non lo fosse.
Non voglio aggiungere altro per non cadere nella retorica e beccarmi, dall’alto della sua stella, un sonoro “ma vaff…”.
Mi piace solo ricordarlo con le parole che allora gli dedicò Gigi Proietti, anche lui, ovviamente, romano e romanista:

Io so’ sicuro che nun sei arivato
ancora da San Pietro in ginocchione;
a mezza strada te sarai fermato
a guardà ‘sta fiumana de perzone.
Te rendi conto si cch’hai combinato?
Questo è amore sincero, è commozzione,
rimprovero perchè te ne sei annato,
rispetto vero: tutto pe’ Albertone.
Starai dicenno: “Ma che state a ffà?
Ve vedo tutti tristi, ner dolore”.
E ciai raggione! Tutta la città
sbrilluccica de lagrime e ricordi!
Chè tu nun sei sortanto un granne attore,
tu ssei tanto de ppiù: sei Alberto Sordi!

Ciao Albè