giovedì, Ottobre 03, 2024 Anno XXI


La cena pre-natalizia di CoredeRoma è, per me, un momento molto speciale.
Non potrò mai dimenticare, infatti, che è stata proprio in una di quelle cene, e non una qualunque perché era quella in cui si festeggiava, nell’occasione, Giacomino Losi “Core de Roma”, che ho conosciuto “in pirzona pirzonalmente” direbbe Camilleri, lo spicchio di pazza umanità sino ad allora celata da un sito e da uno striscione.
Qualcuno penserà che era meglio se quella sera avessi avuto altro da fare, ma tant’è, mo ce sto e me dovete sopportà…
Serata conviviale di COREdeROMACol passare degli anni, che a contar bene sono pochissimi e sembrano già tantissimi, le occasioni d’incontro si sono moltiplicate e ogni volta ho scoperto un pezzo che mi mancava, quasi a ricomporre pian piano un puzzle che ha come unico comune denominatore la passione sconfinata per la Roma e quella, altrettanto sconfinata, per lo stare insieme a prescindere.
E grazie anche al Sacro Muro ho imparato strada facendo a coltivarle entrambe queste passioni, smentendo quelli che dicono che, passati i quaranta, non si può più crescere, ma solo invecchiare.
E ogni volta che si è aggiunto un pezzo di storia, che ho conosciuto un altro fratello o un’altra sorella di Core de Roma è nato un piccolo, silenzioso (silenzioso sì, non malignate, pure se c’ho er vocione!) impegno a non dimenticarsi.
Così è stato per l’AFGANO, il vero nome conta poco, giovane e aitante fratello romanista del Contingente italiano in Afghanistan.
Complice Fila60, il suo Mercurio personale, l’AFGANO ha dato prova di sé anche nei momenti più difficili, quando il suo ruolo gli impediva di dare notizie e magari giungevano da quella terra lontana echi di bombe, di attentati, di attacchi che avevano come obiettivo i soldati italiani di cui, diciamola tutta, la cronaca si ricorda solo quando viene mietuta una giovane vita e la schiena ti si riempie di brividi a vedere le poche immagini televisive con la bara avvolta nel tricolore e le lacrime di quelli che ha lasciato qui da noi.
Lui stesso si è affacciato di tanto in tanto sul Sacro Muro dicendoci, tra l’ironia e la spavalderia, che al “campeggio” andava tutto bene, che presto sarebbe tornato.
Oggi quel giorno è arrivato, e io avrei voluto dargli il benvenuto direttamente al Tempio, il luogo, canta il Poeta, che ci fa sentire amici anche se non ci conosciamo…
Casa nostra.
Ma una legislazione imbecille e ipocrita me lo ha impedito come a suo tempo mi impedì di salutare Fabietto appena nato.
Avessi scritto su di uno striscione o su di uno stendardo il mio BENTORNATO AFGANO, senza aver fatto trascorrere il tempo canonico per l’invio a mezzo telefax ed aver osservato tutti gli orpelli burocratici e bizantini che precedono la legittima introduzione degli striscioni allo Stadio me l’avrebbero di certo sequestrato.
E poi mi immagino la faccia dell’addetto di turno alla sicurezza a leggere la scritta…
Come minimo avrebbero pensato che fossi un complice di Bin Laden, con quel riferimento così oscuro.
Avrei passato ore e ore a giustificarmi, rassicurandoli che non era un messaggio cifrato e che quella scritta non nascondeva niente di illegale.
E allora, pur sapendo che non è la stessa cosa, che l’effetto sarà diverso e che quello che sto scrivendo con il pallone giocato non c’entra nulla, lo scrivo qui…

BENTORNATO AFGANO !!!
SAPESSI QUANTO C’HAI FATTO PENA’, FRATE’…

Adesso sì, che potemo fa Natale in santa pace…

Marforio