mercoledì, Ottobre 02, 2024 Anno XXI


Penso di essere nato romanista.
Conservo una foto di quando avevo pochi giorni di vita ed i miei genitori mi avevano vestito completamente giallorosso.
Penso che non sei tu a scegliere la Roma, ma è lei a scegliere te, ti entra nel sangue, nel cervello, nel cuore senza che tu te ne accorga se non quando è troppo tardi, quando non ne puoi più fare a meno.
Ricordo una partita di Coppa Uefa, avevo circa 8 anni. La Roma perse 1 a 0 a Colonia, gol di Allofs. La mattina dopo mi svegliai triste senza sapere perché. Sul pullman che mi portava a scuola, mentre tutti mi chiedevano che avessi, un compagno disse: «è triste perchè ieri ha perso la Roma».
Io non credevo fosse così, ma lui aveva già capito tutto.
Ricordo la partita di ritorno, il gol di Falcao a due minuti dalla fine. Saltavo insieme a miei fratelli, ero contento perchè erano contenti loro, ma il giorno dopo, su quello stesso pullman urlavo e strillavo, anche se ancora non mi rendevo conto del perchè.
Ricordo l’invidia nel vedere mio padre ed i miei fratelli uscire la domenica per andare allo Stadio, ascoltavo i loro racconti di quello che portava il vino, della sora nun so che… che portava le lasagne, ma la risposta era sempre la stessa: «l’anno prossimo verrai con noi».
Poi Paparelli, i primi incidenti allo Stadio, già non si stava più tutti insieme e mio padre non rinnovò l’abbonamento, ma non mi rendevo conto del perchè lui era triste.
Ricordo la prima volta allo Stadio per l’addio di Rocca, con tutta la famiglia, mia madre compresa.
La stagione 1982-1983, con mio padre che lavorava anche la domenica ed alle 14 faceva «la pennichella», ma io gliela facevo durare sempre poco. Io che ascoltavo Teleroma56 e all’immancabile gol di Pruzzo o Bruno Conti andavo ad «avvisarlo». Lui non se la prendeva…anzi.
Le vittorie mi esaltavano e le sconfitte mi deprimevano, ma non sapevo spiegarmene il motivo, ancora non me ne rendevo conto.
Poi, quell’infausta notte di maggio. Se è vero che nella cattiva sorte si forgiano le persone, per me quella notte fu l’inizio, allora mi resi conto che la Roma mi scorreva dentro, mi resi conto del perché dei miei stati d’animo.
Mi ricordo che chiesi a mio padre, come un bambino quando ha un incubo e cerca le braccia consolatrici per trovare sicurezza, «papa’ ma e’ vero che la Roma ha perso? »
Lui mi guardò e la risposta gliela lessi negli occhi,
E piansi, piansi tutta la notte.
Da allora ho iniziato a seguire la Roma con la consapevolezza che l’età del momento mi concedeva. Quando giocava la Roma sparivo, mi chiudevo in camera per seguire la partita alla radio, sventolando le mie bandiere, indossando ogni domenica tutte le sciarpe che avevo, da quelle fatte dalla nonna, di lana a strisce giallorosse, alla mia prima vera sciarpa di seta, «Ultrà Roma» con l’indiano nel centro, quella che avevo chiesto a mia madre che non volle darmi i soldi per comprarla. Quella stessa sciarpoa che mio padre, il giorno dopo, portò a casa, appesa al collo.
Poi finalmente lo Stadio, il primo abbonamento in Nord, poi la Sud, e ogni giorno sempre più consapevole dell’importanza di quella maglia, di quei due colori.
La Roma mi ha aiutato a superare delusioni, quando vinceva pensavo: solo tu non mi tradisci mai».
Chiunque indossasse quella maglia era per me un fratello aggiuntivo. Mi ricordo i litigi, anche qualche cazzotto, per difendere i vari Carboni, Mihajlovic, Caniggia, Benedetti,
Gli pseudo tifosi già esistevano.
Adesso ho 35 anni, da 11 vivo all’estero, ma nulla è cambiato: ogni domenica (o martedì o mercoledì quando ci sono le Coppe) io sto là, con loro, con gli 11 eroi che indossano quella maglia, perchè quando vestono di giallorosso sono miei fratelli, sono gli eroi che devono affrontare l’avversario perchè entrano nel mio cuore.
Grazie ai colori che difendono.
Questa è la mia Roma.
Una squadra, una città, che ti porti dentro.
Io so cosa significa.
«Ovunque tu sarai
Non starai mai sola mai
.
Perchè vivo da romanista.
Perchè essere romanista non è una gara a chi ha fatto più trasferte.
Perchè la Roma non è un risultato negativo.
La Roma è una scelta ed una filosofia di vita.
E’ un grande sogno che quelli come noi sono chiamati a far vivere.

Dedicato a mio padre, alla sua romanità, al suo essere giallorosso. Per avermi aiutato ad amare questa città e questi colori. Ed anche a te Flavio, figlio mio, perchè anche se sei nato in Spagna, Roma ti appartiene. E la Roma ti entrerà nel cuore. Prima che tu te ne renda conto.

Sandro