mercoledì, Ottobre 30, 2024 Anno XXI


E noi che credevamo che questo finale di campionato, senza obiettivi, si sarebbe trascinato stancamente. Espugnamo per l’ennesima volta San Siro, dove ultimamente vinciamo sempre, tranne quando serve, e lo facciamo alla fine di una bella partita in cui tornano tra i viventi alcuni giocatori che avevamo dati per “non pervenuti” nelle ultime occasioni.
Avevamo davanti una squadra al regolamento di conti, esterni e interni, che ha mostrato come la canea alla quale abbiamo assistito in questi giorni circa l’obbligatorietà di muovere qualcosa a livello proprietario per avere un organico finalmente all’altezza della situazione si muovesse ancora nel campo del pretesto.
La Roma si venderà, o forse no; avremo un nuovo presidente o forse no; un nuovo allenatore o forse no, nuovi giocatori o forse no. L’incertezza però, che regna sovrana, non sarà regolata da poteri occulti o da presunti vulnus alla vita democratica del paese sui quali delirava qualche speaker di una radio in settimana.
Tutto dipenderà molto più semplicemente dal possesso di requisiti tecnici e finanziari da parte di quella che al momento sembra l’unica offerta esistente, quella dell’agente FIFA Fioranelli, che sembra che non se la passi tanto bene, o forse no. Lui si è dichiarato tranquillo, e quello che è successo ar Sor Tranquillo a Roma lo sanno praticamente tutti.
Si è defilata nel frattempo la “bella e ricca” imprenditoria romana verso la quale si erano girati gli sguardi fiduciosi di molti tifosi, oramai in crisi di astinenza da successo. Questa storia della rivendicazione del successo come risultato continuativo dell’azione sportiva, applicata alla Roma, francamente ci fa un po’ sorridere. E noi che eravamo rimasti al sentimento collettivo, alla squadra come espressione di una città, alla coralità di un gesto rituale e magico come quello di andare allo stadio.
Per fortuna che siamo diventati della Roma quando questo pensiero del vinco sempre e comunque ancora non si era diffuso, altrimenti pensate a quante vite perse nei pidocchietti di periferia, quante domeniche pomeriggio all’oratorio o sfondare i flipper nei bar. Meno male che a noi nun ce ne fregava na mazza e semo annati a tifà la Roma ovunque e comunque, anche se non vinceva nulla, salvandoci così da una vita, c’è da presupporre, de merda.
Esorteremo però tutti quelli che ancora so convinti che tanto ciò e tanto je do, in termini calcistici, a riflettere per un attimo non sulle fortune dello United, che ospiteremo in settimana per una vera finale da Champion, ma su quelle del City, acquistato da non meno facoltosi Emiri Arabi che quest’anno è arrivato appena decimo a quaranta punti dai concittadini. Percarità, questo non ci deve obbligare ad una vita con Rosellina nostra che nello specifico sta molto più pensando agli affari suoi che non al grande respiro collettivo della città pulsante (tutte fregnacce). E’ che, essendo anziani, siamo rimasti attaccati a quello che dicevano le nonne e cioè “che al peggio non ce mai fine”.
Affettuosi saluti al tifoso boccasana.
Ad maiora
BL