domenica, Settembre 22, 2024 Anno XXI


da laroma24.it

Joseph TacopinaJoseph Tacopina è un avvocato americano che, come tutti ricorderanno, ha lavorato in prima linea per la cessione della Roma. Quella trattativa, che ci ha tenuto col fiato sospeso per circa tre mesi, in realtà è costata a George Soros e al suo team 6 mesi di lavoro, a partire dall’ottobre del 2007. Queste le parole di Tacopina a riguardo.

“Gli analisti di Soros si erano concentrati sul campionato italiano, dal momento che era l’unico su cui potere investire ricavando. Secondo le loro valutazioni, la Spagna era satura, l’Inghilterra non aveva reso a Blazer e soci quanto sperato, e quindi non restava altro che l’Italia, dove Inter, Juventus e Milan erano considerate intoccabili. Quindi rimaneva la Roma dei Sensi, che aveva necessità di vendere. Dal 2007 – continua Tacopina – la Inner Circle Sports aveva già messo gli occhi sulla società giallorossa. E aveva proposto alla Soros Foundation, l’acquisto del club. Da lì sono partiti analisi, prospetti e studi sullo stato di salute della società”.

Poi in realtà la storia venne fuori solo a giugno del 2008, quando lo stesso Tacopina arrivò all’aeroporto di Fiumicino con la sciarpa della Roma.

George SorosContinua l’avvocato americano “George Soros, attraverso il sottoscritto, aveva pronta un’offerta, che peraltro era stata accettata dalla stessa dirigenza giallorossa nella sostanza per ben due volte: una prima ad aprile 2008 e una seconda – a seguito di ulteriori richieste della famiglia Sensi – a giugno 2008. Un preaccordo con la proprietà romanista prevedeva un pagamento di 280 milioni di euro cash, lasciando la presidenza onoraria a Rosella Sensi a fronte di un compenso di un milione di euro l’anno.” Si era già iniziato a pensare a trattative di mercato. “Il primo nome a cui pensavamo era quello di Drogba”.

Poi però l’intoppo, secondo Tacopina. “Al momento della firma, che sarebbe stata formalizzata dopo una trattativa per un’offerta vincolante, la richiesta è stata diversa: 350 milioni di euro per l’intera operazione, di cui 280 per la Roma e i restanti 70 per la ‘buonuscita’ della famiglia Sensi.”

Pippo MarraQui la bomba del legale newyorkese. “Per tentare di convincerci a concludere comunque l’affare, anche a fronte di una sostanziosa variazione della richiesta, è stato allora inviata un’email a Unicredit da un acquirente arabo che sarebbe stato pronto a sborsare 400 milioni di euro senza nessuna ‘diligence’”. Qui la faccia di Joseph Tacopina assume una espressione divertita e vagamente ironica, come se invitasse l’interlocutore a chiedergli il perché di tale atteggiamento. “Chi c’era dietro questa mail indirizzata ad Unicredit? Pippo Marra”.

L’affermazione fa rumore. Non c’è che dire. Ma poi come reagì Soros? “Reagì come probabilmente avremmo reagito tutti: una bella risata e un ‘no, grazie’: non è questo il modo di portare avanti una trattativa”.
“Il seguito? Credo lo sappiate tutti. Il gruppo arabo risultò ovviamente essere un bluff, inesistente come lo fu Fisher e come, attualmente, lo sarebbe il gruppo libico. Bluff che, come vi ripeto, non era assolutamente l’offerta di Soros e non era quella del gruppo fondiario Blackstone, che proprio a seguito della conduzione della trattativa da parte della Roma e della presentazione di una offerta fantomatica, non volle entrare in gioco nemmeno a seguito dell’allontanamento della Soros Foundation.”

“Dopo il fallimento della trattativa – conclude Tacopina – sono stato contattato altre due volte, sia dalla dirigenza romanista (tramite l’avvocato Gian Roberto De Giovanni), sia da emissari Unicredit, ma né la Blackstone, né nessun altro gruppo da me contattato si è voluto addentrare in una trattativa con l’As Roma”.