lunedì, Settembre 30, 2024 Anno XXI


Come quando scompare un Re, si innalzano gli evviva al nuovo prima ancora che sia sul trono. Riteniamo, e lo abbiamo detto anche chiaramente, che l’epoca di Luciano Spalletti a Trigoria si sia esaurita ben prima di questo 1 settembre 2009, giorno in cui fisicamente ha dato le sue dimissioni.

Se la AS Roma è in una situazione disastrosa, al limite del ridicolo ampiamente subissato dalle due operazioni di mercato di ieri, la colpa non è certo solo di Spalletti, ma anche lui c’ha messo molto del suo, nella misura in cui non è riuscito a portare nell’Europa che conta una squadra che a nostro parere aveva le potenzialità per farlo.

Nel momento in cui si avalla una politica di autofinanziamento e si avallano campagne acquisti e cessioni, bisogna assumere anche le conseguenze che questi azioni comportano.

Spalletti è stato negli ultimi due anni l’indecisa foglia di fico che ha coperto le putenda di Rosella e l’uno è stato funzionale all’altra.

Solo disastri quindi? Certamente no.

Non bisogna dimenticare che, quando arrivo il Duce di Certaldo a Roma, la squadra era diventata una straordinaria macchina trita allenatori. Con lui, attraverso i suoi metodi e con il suo meritato carisma iniziale, è stato possibile ripristinare quel minimo di metodo e di rispetto della logica del lavoro che era stato completamente smarrito complice anche la presenza anarchica e anarcoide di quel fenomeno di Totò Cassano in uno spogliatoio con qualche fenomeno ma con pochi, troppo pochi, attributi.

Gli va riconosciuto di averci messo nella condizione di alzare trofei, e gli allenatori che hanno fatto questo con la Roma si contano sulle dita di una mano, e di averci anche fatto parecchio divertire.

Accanto a questo non siamo mai riusciti a capire perchè, e forse un giorno ce lo spiegherà lui stesso, se ne avrà voglia, su un marcantonio di quella fatta si dipingesse quella faccia da “Pisellino” depresso (Pisellino è pur sempre il figlio di Braccio di Ferro) in cupa e terrorizzata  contemplazione della punta delle sue scarpe e di torme di formiche assassine, tutte le volte che (e ultimamente è successo spesso) le cose prendevano un verso non proprio per la quale.

Con lui abbiamo raggiunto record, 11 vittorie consecutive, e toccato abissi come quello di Manchester, abbiamo avuto attacchi da scarpe d’oro e difese da scarpari.

Tutto e il suo contrario.

Ora tocca a Ranieri e vedremo se la sua ricetta sarà altrettanto vincente e convincente.

Oggi sul piatto però non c’è solo il cambio di un allenatore in un percorso di continuità societaria.

Oggi sul piatto c’è qualcosa di più. Dovremo capire, e ci vorrà poco, se Ranieri sarà l’ultimo allenatore di una era che si è già chiusa o il primo di un’era che andrà ad aprirsi.

Infatti il dato imprescindibile è che questa società debba cambiare padroni. Prima lo farà e meglio sarà per tutti.

Lo Spalletti che ameremo ricordare, partendo dal presupposto che un posto nella storia di un club non lo assegnano i tifosi ma i risultati, è quello che abbiamo visto cento volte, lontano da riflettori e telecamere, con una grande sensibilità verso i meno fortunati e i sofferenti, soprattutto se bambini.

Mister buon viaggio, grazie di tutto, e da parte nostra nessun rancore anche se stamo co na scarpa e na ciavatta. Grazie per il suo raspare con stile.

Ora Testaccio regna e la Roma è ancora un po’ più Roma.

Servirà?

E’ nel cuore e negli auspici di tutti, perché apres lui (Ranieri) le déluge.

 

Ad maiora