venerdì, Ottobre 04, 2024 Anno XXI


La telefonata l’aveva sorpresa poco prima delle nove del mattino, un’ora delicata in un sabato pre-pasquale. Quell’ora in cui si organizza una giornata intera, specie se poi alle tre c’è la partita. A causa degli impegni di Luca, che quel giorno sarebbe stato di turno al lavoro e non poteva venire allo Stadio, le si chiedeva se era disponibile a fare le foto da mettere nel tabellino del sito. Maria, che pure con la macchina fotografica aveva una certa dimestichezza, fu presa dall’agitazione, ma con la solita disponibilità, che nella vita la faceva sempre farsi in quattro per tutti, rispose di sì, senza alcuna esitazione. Prese la macchina dalla custodia, la controllò mille volte assicurandosi che le batterie fossero cariche e che fosse tutto a posto e poi si buttò a capofitto nella vita familiare in attesa di essere messa alla prova dal suo imprevisto compito di fotografa. Arrivò allo Stadio, come suo solito, con un paio d’ore d’anticipo e fu dirottata, come tutti quelli della Curva e dei Distinti Nord, nella Tribuna Tevere. La sorte le era amica, nonostante la pioggia battente, perché il suo punto di osservazione sarebbe stato veramente speciale. I suoi soliti compagni di avventura erano già arrivati e lo striscione campeggiava nell’insolita posizione più fiero che mai. Maria salutò affettuosamente gli amici, fece loro qualche foto, sorprendendoli nella tensione del pre-partita,  e poi si dedicò ad esplorare  il parterre per cercare il posto migliore in cui posizionarsi. Trovatolo, s’immerse completamente nel suo ruolo, incurante della pioggia che le bagnava i capelli. Lo Stadio, attraverso il mirino della macchina fotografica, le apparve immediatamente diverso. Non più la massa, rumoreggiante, ruggente o esultante, ma la somma di migliaia di volti. Imbronciati, tesi, allegri, sbruffoni, arrabbiati, felici o sovrappensiero. Uno accanto all’altro. Ecco Rosella Sensi che fa il suo ingresso in una Tribuna d’Onore semideserta, clic. Francesco che fa il riscaldamento… così vicino… questa non me la posso perdere…clic. La Curva Sud imbandierata…clic, clic, clic… e pure i tifosi empolesi, ti credo che vi chiamate desperados: siete quattro gatti! clic. Ecco l’inno e la sciarpata, clic, clic, clic… ricordati Maria di cantare sottovoce per non far venire mosse le foto. Voci, cori, rumori, il tocco del pallone e quante immagini, una dopo l’altra, pronte ad essere fissate per un attimo, o per sempre, in quella specie di lanterna magica che, è proprio vero, ruba l’anima. Clic, clic, clic, e mischiati alle immagini, sovrapposti e confusi, i battiti del cuore di Maria, che s’incupì per l’indolenza della squadra nel primo tempo e avrebbe voluto scuotere i giocatori uno ad uno, clic, clic. Maria si rese conto di non essere una fotografa professionista, di non essere capace di cogliere asetticamente il gesto sportivo. Lei stava fotografando emozioni: la paura e i fischi dopo il palo di Giovinco, gli abbracci dopo il gol di Tonetto, volti tesi ed esultanti, clic, clic, clic, la concentrazione di Francesco prima di un calcio di punizione, il suo dolore mentre lo massaggiavano a bordo campo dopo un colpo, clic, clic, clic. Maria accolse il fischio che segnava la fine del primo tempo con sollievo. Si sentiva stanca come se avesse giocato e il quarto d’ora d’intervallo le parve persino troppo breve. Di nuovo al suo posto, incurante dell’acqua e di quelli che le erano accanto vocianti. Il pareggio di Giovinco, mannaggia, clic, il cartellino rosso sventolato sotto il visto di Perrotta, ma no che non è da rosso, clic, clic, clic. Il ruggito dello Stadio quello no, non viene in foto, ma i volti arrabbiati sì, siamo in 30 mila e sembriamo il doppio, daje Roma, daje. L’obiettivo della macchina fotografica ora era parte di lei, non era né freddo, né imparziale, non avrebbe potuto esserlo. Partecipava all’azione, quasi la sospingeva. Panucci, clic, clic, goool!!! Maria non potè non esultare. Lasciò per un attimo la macchina fotografica, spinse le braccia al cielo, ma poi la riprese, clic, andiamo che ce la possiamo fare, clic, clic, la fatica del campo pesante, clic, quelli dell’Empoli sono inebetiti, clic, clic, clic. Guarda com’è bello il tabellone col 2 a 1, clic. Fino all’ultimo respiro, sino al triplice fischio finale che la lasciò felice e frastornata al suo posto. Maria guardò il contatore delle fotografie: ne aveva scattate più di centosessanta! Aveva cercato di cogliere ogni attimo, ogni sospiro. Stava riponendo la macchina fotografica quando si rese conto che mancava ancora una foto, la sua. Intorno a lei lo Stadio si svuotava. Si strinse nelle spalle e mise l’apparecchio nella custodia. Le sensazioni di quella giornata così speciale non avrebbe potuto racchiuderle comunque in una scatola e a ricordargliele sarebbero stati i battiti del suo cuore. Perché la Roma, se non la guardi col cuore è come se non la vedessi…

Vorrei portarmi via questa fotografia
Porto a casa quel che sento mentre il giorno se ne va
Esplorando nuovi oceani tra montagne di curiosità
Si può sentire ridere di vita
Che festa, che festa che c’è
E dentro al cuore musica infinita
Chi balla con me?
Un poco di follia, una fotografia.

(*) Dedicato a Lupacchiotta Carla, fotoreporter per passione