sabato, Settembre 21, 2024 Anno XXI


Cor core acceso de la passione undici atleti Roma chiamò, e sott’ar sole der Cuppolone ‘na bella maja e du’ colori je trovò”. Se c’è una canzone, dell’ottantennale Storia Romanista, che incarna lo spirito di Franco Sensi, del Presidente, che ci ha lasciato in queste ore d’estate diventate improvvisamente così tristi, è la Canzone di Testaccio. Forse perché Lui quella canzone l’ha vissuta fino in fondo, orgoglioso di essere nato e cresciuto assieme alla Roma, di averne sorbito l’Anima, lo Spirito, fin dai primi vagiti della neonata creatura giallorossa.
Così quando la Storia ha deciso di cedere a Lui lo scettro, di affidargli il compito più difficile per un tifoso, quello di essere Presidente della propria squadra, Franco Sensi non ha esitato. Sapeva perfettamente cosa doveva essere fatto e l’ha fatto.
La semplicità e la naturalezza con la quale ci siamo identificati nel Presidente Franco Sensi, che pure per età, per formazione, e anche per censo, non avrebbe potuto essere più diverso dalla maggior parte di noi si deve a questo Suo religioso rispetto della Tradizione e dell’Anima romanista a cominciare dalla necessità di contrastare il “vento del nord”, quello strapotere economico, e non solo, della Juventus, del Milan e dell’Inter che per oltre un secolo ha avvelenato e drogato, e ora anche gli atti giudiziari dicono quanto, il calcio italiano.
S’è detto e s’è scritto, e molto si dirà e si scriverà, che grazie al Presidente Franco Sensi, alla serena e determinata coscienza del Suo ruolo e del Suo compito, la Roma è uscita indenne da tutti gli scandali del calcio italiano.
Non è stato eroismo quello del Presidente Franco Sensi nel non mischiarsi, nel non scendere a compromessi.
E’ stato solo la naturale conseguenza del suo essere Romanista, della coscienza profonda della missione che la Storia gli aveva affidato.
Così quando finalmente, e molto parzialmente, la giustizia sportiva (con la “g” minuscola) ha detto e scritto quello che Lui aveva detto e scritto, meritandosi pure una lunga e umiliante squalifica, ha lasciato correre, non ha pronunciato il più classico e spontaneo degli “l’avevo detto io!” che pure era il solo a potersi permettere.
In un’epoca di manager e di finanziarie, Franco Sensi può persino apparire come un Uomo fuori tempo che infatti i suoi avversari di sempre ora si affrettano a commemorare sperando che la loro fretta valga ad accelerare l’oblio di una presenza per loro assai imbarazzante.
Perché ogni successo sportivo della Roma del Presidente Franco Sensi è stato, e sarà, la dimostrazione che non è vero che “così fan tutti”, che la Vittoria passa solo per strade lastricate di inganni e sotterfugi.
E anche gli orfani più recenti di Tacopina e del suo sogno amerikano dovrebbero capire finalmente, almeno oggi, che la Roma non è merce di scambio, che la sua cessione, che ogni giorno sembra più inevitabile, non può essere un passaggio societario qualunque, come si fa con le fabbriche di saponette.
Ora il testimone passa a Rosella Sensi che da stamattina non si potrà più permettere di dire di essere “solo” l’Amministratore Delegato e che eredita tutto il peso e l’orgoglio di essere il massimo esponente della Squadra della Capitale.
Io ho fiducia in Rosella Sensi, nella quale ho rivisto spesso lo stesso piglio e lo stesso orgoglio del Suo inimitabile Padre.
Ora capisco le Sue lacrime nel mostrare al Cielo e agli Dei la Sua Coppa Italia.
Addio Presidente, ci lasci un vuoto incolmabile, ma non ci lasci soli.
Noi abbiamo la Roma, Tu un posto nell’immortalità.
Ovunque sarai non dimenticarti della Roma e di noi che con Te ne abbiamo condiviso lo Spirito e la Passione.
Noi la Tua Roma non la lasceremo sola.
Mai.