giovedì, Ottobre 03, 2024 Anno XXI


Per una strana coincidenza del destino mi è capitato proprio in questi giorni di imbattermi nei tabellini della Roma della fine degli anni ’40 e della metà degli anni ’50. Non ho vissuto di persona quegli anni e di moltissimi giocatori non conosco, se non attraverso la foto in bianco e nero dell’epoca, neppure il volto. Ignoro come giocassero. Denudati di tutti questi particolari restano le formazioni, i risultati. Sembrano solo dati statistici, buoni per maniaci o topi di biblioteca, e non lo sono. Perché se ti imbatti a caso che so in un Roma-Torino del 5 ottobre del 1947 capisci molte cose della nostra Storia. Era la quarta di campionato, finì 7 a 1 per il Grande Torino di Loik, Menti e Mazzola, con la Roma in vantaggio nel primo tempo e poi sommersa da sette gol nella ripresa. Leggi i numeri e ti sembra di vedere gli spalti dello Stadio Nazionale, dove ora c’è il Flaminio. Immagini il popolo giallorosso venuto lì dal mattino e senti le grida, i fischi, la gente palpitante. L’esultanza per il gol di Amadei e l’attesa dell’intervallo. E poi l’incredulità, che si trasforma in delusione e poi quasi in disperazione, per i gol di Mazzola che sembrano grandine (ne fece tre in un quarto d’ora) di Castigliano, di Ferraris II e di Fabian, con la Roma che prende altri tre gol in cinque minuti. Leggi quelle cifre che sono solo numeri e ti accorgi che ti stai emozionando, che stai soffrendo con i tuoi fratelli sugli spalti. Vedi la gente defluire dallo Stadio e andarsene a piedi a prendere il tram o montare in bicicletta. Vedi i volti delusi e ti senti così partecipe e così orgoglioso della nostra Storia. Perché di quella Roma nessuno si vergognava, perché potevi prenderne 7 in casa in un tempo solo, ma sempre della Roma restavi, pronto magari, appena un mese dopo, ad esultare per la vittoria in un derby fuori casa.
Penso a queste cose mentre guardo la Roma di oggi e guardo a certi “tifosi” di oggi.
Cresciuti, forse, con troppe vitamine, che al primo freddo se ne stanno a casa, a vederla in TV, pure se è l’esordio di champions.
Che si scandalizzano se dici che il primo obiettivo della Roma è sempre salvarsi, e poi viene il resto. Perché è stato così per tanto tempo, perché è vero che in B ci siamo stati solo una volta (e certi record li lasciamo volentieri ai Pippa Nera come li chiama Fila60), ma la B l’abbiamo sfiorata tante volte.
Che sabato diserteranno il Tempio perché la Roma ha fatto in campionato solo una sconfitta esterna ed un pareggio interno.
Che si spaventano per le prese in giro dei Pippa Nera e manco sanno rispondergli.
Che “si vergognano” di questa Roma.
C’è una mostra sui migliori anni della nostra Storia.
Io nei farei un’altra sui peggiori.
Non per masochismo, ma per finalità educative.
Solo che al posto dei risultati e delle foto dei gol metterei il numero degli spettatori e le foto degli spalti gremiti. Sempre e comunque.
Vorrei far sentire ai miei giovani fratelli porpora e oro il tifo di quando le cose andavano male, e pure peggio.
Sono molto arrabbiato con la Roma di questi giorni, col suo tecnico in particolare, e non ne faccio mistero.
Non mi deludono i risultati, ma il modo.
Il modo di porgersi dei giocatori, da divetti in cerca di una foto e di un’intervista (che gli sponsor individuali poi controllano e fanno i conti) e il narcisismo del Mister che forse dovrebbe specchiarsi un po’ di più nella nostra Storia e trarne una lezione di umiltà e di lavoro, invece di incaponirsi con le sue convinzioni tattiche e crogiolarsi davanti ai microfoni e alle telecamere.
E non s’azzardasse più il Mister a dire che sollecitare, e pure contestare, la squadra, non è un comportamento giusto, “corretto”, come dice lui.
Perché noi il nostro mestiere di tifosi lo sappiamo fare benissimo e non prendiamo lezioni da nessuno.
Noi facciamo l’abbonamento indipendentemente dalla campagna acquisti e paghiamo il biglietto pure per un’infrasettimanale di Coppa Italia alle 9 di sera col freddo e con la pioggia.
Noi ci siamo sempre. Pure quando la Roma non c’è.
Non c’è con le gambe, con la testa, con il cuore.
Perché noi vogliamo la Roma.
Sabato a Roma scende la Reggina.
Dice Fila60 che è il nostro primo spareggio/salvezza.
Spero che non sia così, ma potrebbe anche essere.
Nella nostra Storia ci sta anche questo.
Noi ci saremo, come sempre. Ci saremo perché gioca la Roma.
Perché il Tempio è casa nostra, nella quale rovesciamo soldi e passione e il Mister e i giocatori sappiano che loro sono solo ospiti.
Prima di entrare in campo, invece di guardare per terra o mettersi in posa per i fotografi, guardassero noi.
Ci guardassero in faccia uno per uno se si sentono degni della nostra Storia. Se no marcassero visita, s’inventassero una scusa qualunque e lasciassero il posto a chi è disposto a dare tutto per la maglia porpora e oro.
E lo stesso vale per i tifosi d’occasione.
Quelli che si vergognano.
Andassero al cinema o in discoteca, che è sabato.
La lasciassero a noi la Roma.
Quella di cui noi andiamo fieri.
Quella di cui mai ci vergogneremo.