sabato, Settembre 28, 2024 Anno XXI


La montagna dell’indignazione laziale ha partorito il topolino Tagliavento che, come tutti i bravi ministri di qualcosa, ha capito quale era la sua missione ieri sera e l’ha portata a compimento con bravura e determinazione.

Il Romanismo ci ha messo anche un po’ del suo, perché ha preso questo derby troppo in canzonella,generando quella tipologia di clima che a noi non ci porta mai troppo bene. Però, anche se il derby l’abbiamo perso, almeno abbiamo cazzeggiato per due settimane, che non è poi tanto male.

E, anche dal punto di vista antropologico, questa tappa del campionato ci lascia le sue brave lezioni. Non credo che capiterà mai a nessuno di noi di essere incudine per tutto il tempo in cui sono stati incudine Reja, i suoi boys e i suoi tifosi, ma vedere un distinto e anziano signore, con la bava alla bocca, rantolare sotto la curva deve darci la misura dell’oltrepassato.

A dirla tutta, il buon allenatore della Lazio, ci ha fatto quasi pena e ci siamo pentiti anche un po’ di averlo preso per i fondelli. C’è mancato un tanto così che ci rimanesse sulla coscienza e, al quel punto, ci saremmo sentiti molto in colpa.

Adesso partirà, lo sappiamo, una riflessione critica o ipercritica sui vizi interni della Roma, su tutto quello che poteva essere fatto e non è stato fatto, sulle scelte tattiche di LE che, ancora qualche volta, ci perplimono. Lasciamo perdere. La minestra è questa e questa resterà a lungo.

Ci rincresce di trovarci non competitivi in un campionato “traversone”, dove la Roma di un paio di anni fa sarebbe stata straripante. Ma era appunto un paio di anni fa ed è forse inutile continuare a ripeterlo.

Ma l’indignazione più grande, perdonateci la digressione, è per quello che è successo sabato a Roma. Come sapete CdR rifugge da questioni di natura politica, perché se parla de pallone e pallone deve restare. Però ci ha colpito che la città sia stata abbandonata alle scorribande di provocatori che l’hanno messa a ferro e fuoco senza che, perlomeno nella fase iniziale, sia stato messo in atto nessun mezzo di contrasto.

Mentre ci è abbastanza chiaro il criterio con cui vengono scelti gli obiettivi cosiddetti stabili, banche e sedi istituzionali di comprensibile valore simbolico, ci incuriosisce il criterio che porta alla scelta delle vetture da incendiare. Sarà la marca? La pubblicità? Il colore?

La dolorosa sensazione è invece che il potere mantenga un suo ruolo infingardo di forte con i deboli e debole con i potenti. Il richiamo alla questione della tessera del tifoso non è assolutamente casuale. Vengono quindi protette e blindate le sedi istituzionali e lasciate al pubblico ludibrio le proprietà private. Questo normalmente avviene nei paesi autoritari o nelle democrazie decadenti. Scegliete quale preferite e barrate la casella.

Ad maiora