sabato, Settembre 28, 2024 Anno XXI


da laroma24.it

Dopo più di 5 anni torna a parlare Franco Baldini. Il neo dg giallorosso, causa il rinvio per il maltempo che si è abbattuto ieri su Trigoria e dintorni, oggi in conferenza stampa per rispondere alle domande dei cronisti presenti.

Franco BaldiniBentornato. Qual è il motivo perché ha accettato questa offerta?

Sono 10 mesi che ci penso e ancora non ho la risposta. Ho detto si e basta. A DiBenedetto gli dissi che “non c’è una ragione particolare perché debba lasciare la qualità della vita che c’è a Londra e un lavoro che mi lascia tanto tempo libero, non c’è motivo per cui io debba tornare in un posto dove c’è il tutti contro tutti”. E gli dissi di si, non c’è una risposta. Non c’era un vero motivo. Ho cercato una risposta ma non c’è. Ho detto sì.

Quel tutti contro tutti si può cambiare? Qual’è il problema, se c’è, più grosso che ha trovato arrivando?

Il primo problema grosso sono i biglietti. Se vogliamo dare un piccolo segnale è quello che sei qualcuno compratelo il biglietto. Io non ho avrò un solo biglietto omaggio e scordatevelo di chiedermelo. Se vorrò invitare qualcuno lo farò.

Il rinnovo di De Rossi?

La questione occupa un posto importante. Ho parlato con Daniele ma il mio interlocutore per il contratto è il suo procuratore. Incontrandolo 10 minuti, l’ho trovato molto sereno, maturo. Era un pò di anni che non lo vedevo, mi ha fatto piacere trovarlo così bello, intendo tutto. Gli ho detto che se hai voglia di restare non importa quanto ci metteremo ma il contratto lo faremo. Lui mi è sembrato orientato a voler trovare un accordo per restare.

Sulla pigrizia di Totti? Cosa vi siete detti?

Complimenti ai tecnici della Roma che hanno fatto fotografie e poi ci hanno lavorato con Photoshop. Eravamo in realtà molto tesi, no scherzo. Non c’è niente da spiegare. A Totti avevo anche detto se aveva letto bene quell’articolo o se se l’era fatto leggere. A me sembrava in quell’intervista di aver speso più amore che altro. Quando ho detto che a 35 anni può giocare per altri 4-5 anni potevo essere accusato per diffamazione. Io poi ho specificato che può giocare ancora così tanto se smette di lasciarsi usare. Io per primo come società l’ho fatto nel 2004 ai tempi della ricapitalizzazione. La società l’ha usato per metterci la faccia, Quante volte è stato usato per altre cose che non fosse giocare? E uno del suo talento alla sua età deve solo pensare a giocare. Il talento non è mai stato discusso. In tutto questo si è innescato il problema che Luis Enrique non lo faceva giocare. E allora si è iniziato a parlare di complotto. Allora gli ho mandato un sms dicendo di parlarne. In quell’intervista definivo lui pigro, ma non era lui pigro, ma la pigrizia è quella di lasciarsi coinvolgere in certi aspetti. Io da parte della società gli chiederò quello che si chiede a tutti i giocatori. Io lo voglio mettere nele condizioni di essere normale, è questa la rivoluzione. Non è una critica nei suoi confronti. Il giorno dopo l’intervista avrei potuto chiarire come ora la mia posizione ma ho preferito che se ne parlasse per vedere che succedeva. Mi sono preso insulti, fino a che non ho avuto modo di capire con lui. Ci sono voluti 5 minuti, con lui ho sempre avuto un rapporto semplice. Non può essere altrimenti con lui.

Tornare è una rivincita?

No, rivincita è aver perso qualcosa prima. Io dagli anni della Roma ho avuto amore sconfinato dalla gente, assolutamente immeritato, più idealizzato, perchè rappresentavo certe battaglie anche con il presidente, perchè abbiamo vinto lo scudetto. Sono andato via perchè la politica era cambiata, e io nel giro di pochi mesi forse sarei stato mandato via io. Il rapporto è finito, ma tutto lì, nessuna rivincita.

Cosa ha visto in giro per il mondo?

Ho visto che in Spagna il calcio è migliore che in Italia, in Inghilterra è migliore che in Spagna. Ho bisogno dell’utopia, l’uomo ne ha bisogno, non è detto che faccia male. Fuori ho trovato cose godibili. Come dice Luis Enrique è più importante il percorso, il cammino, che la meta. Durante quel percorso, come dice Fiorella Mannoia, uno quando impara a sognare non smette più. Si vuole sempre di più.

Esiste una casta del calcio in Italia e quale sarebbero le prime tre cose che farebbe per cambiare il calcio in Italia. E come giudica il modello Juventus?

Quando ho pensato che c’era una casta, io l’ho detto. Non sono in grado di dare una risposta del genere, sono appena tornato. Il calcio per me ha rappresentato una cosa talmente godibile che ho detto ‘fammi andare a vedere se posso farlo da un’altra parte’. Noi siamo pronti a recepire qualsiasi messaggio: l’Udinese ad esempio sta provando a giocare senza barriere, la Fiorentina l’anno scorso faceva il terzo tempo, non ho le soluzioni in tasca. Non ho elementi per giudicare il corso delle altre squadre, ma vorrei cogliere tutti i segnali che possano istruirci.

Quale è la cosa che ha fatto nella precedente esperienza a Roma e che non rifarebbe e quella che invece vorrebbe fare ora?

La cosa che ho fatto allora e che non rifarei e che vorrei riuscire a fare adesso, è mettere il bene della società al primo posto rispetto al bene personale. Credo che sia il modo che ti consenta di non sbagliare mai. Quando il mare sarà in burrasca c’è la tendenza a difendere se stesso.

Cosa può diventare la Roma da grande, quando crescerà?

Una squadra importante, una filosofia di gioco, andare allo stadio deve diventare un piacere. Mi piace più parlare di idea, piuttosto che di progetto. L’idea di una squadra che possa produrre un gioco. Potendo fare uno, due, tre inserimenti giusti ogni anno penso possa essere la Roma che vogliamo che diventi. Abbiamo bisogno della cultura sportiva ma di sostenerla con risultati concreti.

Quando parlava con Mazzini e parlava di ribaltone nel 2005 si riferiva a questo?

Lei fa riferimento a una telefonata in cui la trascrizione è una cosa, il tono era un altro. Era ‘cazzeggio’. Io non osavo immaginare un ribaltone, non sono rimasto su piazza a fare il direttore sportivo. C’era speranza si, ma non lo immaginavo. La speranza è abbastanza condivisa.

Come quando sei andato via, ci sono ancora Berlusconi, Petrucci. Anche la Roma per ripartire riprende te. C’è spazio in questa nazione per il cambiamento? E poi, la Roma oggi è molto strutturata, con molte figure importanti: Fenucci, Sabatini, gli americani. Il tuo ruolo qual’è?

Non possiamo non pensare a cambiare a migliorare, anche se le facce restano le stesse. Le persone, anche con le stesse facce, possono cambiare. Si spera che i percorsi delle persone portino un miglioramento. Non c’è una regola per cui si deve sempre rimanere uguali a se stessi. Le persone che si diventano lo diventano attraverso gli sbagli e le cose vissute. Credo e spero di essere migliore di qualche anno fa, di essere più attento, meno attento al piano personale. Si possono cambiare le cose anche con le stesse persone. Il ruolo che ho è quello di coordinare le varie attività che si svolgono, che hanno delle figure importanti. Fenucci è l’amministratore delegato e si occupa dell’amministrazione, Sabatini ha responsabilità sportive, io quella di sovraintendere e coordinare le molteplici attività della Roma e cercare di renderle armoniche, e che portino insieme lo stesso messaggio. Loro sono più importanti di me dal punto di vista specifico, io penso ad un punto di vista complessivo.

Su Totti, avete davvero rischiato di perderlo? Si può vincere in due anni come dice Sabatini o in cinque anni come dicono Totti o DiBenedetto? Luis Enrique è già un tecnico al top?

Mai temuto di perderlo. L’intenzione della società è di vincere nel più breve tempo possibile, ma non posso e non voglio darmi una scadenza. Molto dipenderà da come usciamo da quest anno in cui si può formare il nocciolo, la filosofia di questo modo di giocare. Poi si può essere più precisi l’anno prossimo, magari con due inserimenti, e si potrà dire cosa possiamo fare. Di sicuro è un progetto a termine medio-lungo. C’è una determinazione nel costruire qualcosa e di metterci il tempo che ci vuole. La Roma è abituata ad aspettare 18 anni, aspettare due anni non sarà un problema. Su Luis Enrique, mi è stato detto di parlare con lui, e ho visto non sul piano tecnico, ma la persona che era. Parlammo un paio d’ore, poi gli dissi che avrebbe parlato con Sabatini della parte tecnica. Ovviamente avevo avuto un approccio con Guardiola, gli dissi se ti va di fare un salto a Roma…lui mi disse di aspettare qualche anno. Ma Luis mi è piaciuto, l’ho adorato subito come persona. I fatti mi hanno dato ragione, come persona. Perché ha un grande ascendente sui giocatori, perché non li conquisti se non hai credibilità. E questo è un grande punto di partenza. Ma fantastico, lui ieri mattina pioveva e per non arrivare tardi a Trigoria è partito alle 5. E’ davvero forte. E’ vero, che è alla sua prima esperienza. Ma il vero delitto non è nel non fare gli sbagli, ma nel non trarne insegnamento. In tutti i libri si parla di sbagli in amore e nel mondo, eppure si continua a farne. Qual è il problema. Lui è un grande allenatore, ha tutte le caratteristiche per vincere subito. Ma dobbiamo dargli gli strumenti.

Ha chiesto un nuovo stile nei confronti della classe arbitrale, la Roma si è sprovincializzata? E lei?

Sì, con le mie esperienze spero di essere cambiato io e spero, credo anche, che sia cambiata anche la classe arbitrale. Io però non ho imposto niente, ho detto che a me piace un calcio in cui non si parla per niente dell’arbitro. In Inghilterra è considerato un particolare. Quando l’ho detto a Luis Enrique mi ha detto che non si è mai interessato dell’arbitro, perfetto. Poi abbiamo parlato del ruolo importante del settore giovanile. Quindi non ci sono imposizioni, se dai dei messaggi poi speri che vengano recepiti da tutti, ma è un processo lungo. Una volta che passa questo tipo di calcio, un calcio meno velenoso, ne guadagneremo tutti.

Il suo arrivo è stato accolto come se la Roma avesse preso un fuoriclasse, la spaventa un po’ questo?

Da morire, è tanta la responsabilità e devo convicerci con questa paura. Questo tipo di credito è una cosa completamente nuova per me, sono sempre andato nei posti da perfetto neofita e per poi conquistarmi la fiducia piano pano, lavorando, che è più facile. Prima non avevo niente da perdere e tutto da guadagnare, adesso è il contrario. Quindi si, ho paura, ma me ne farò una ragione.

Come farete a fronteggiare le richieste economiche dei calciatori, soprattutto i giovani, nel contesto del flair play?

Intanto speriamo esplodano. Il discorso comunque non si risolve in due battute. Speriamo che nel contempo che loro esplodono noi abbiamo implementato i ricavi. Ci sono già delle attività in studio per capire come migliorare i guadagni tramite merchandising, stadio e altri settori.

Quanto è importante lo stadio?

Molto. Dobbiamo mantenere viva la sensazione che costruiamo qualcosa di importante e pensare che con uno stadio si possono aumentare i ricavi.

Andrebbe a prendere un caffè con Rosella Sensi?

Se si presentasse l’occasione, in veste di rappresentante della Roma, non solo vorrei ma dovrei. Lei rappresenta un’istituzione, io una società. Non potrei fare altro. Le cose di rappresentanza hanno un valore diverso dai rapporti personali.

Che situazione ha trovato? La squadra ha fallito due obiettivi… Europa League e derby. Si può coniugare modello americano e spagnolo?

Ho trovato un ambiente dove viene concesso straordinariamente del credito verso quest’idea. È un patrimonio che non va disperso. Nonostante qualche delusione tutti voglio dare tempo e aspettare come vanno a finire le cose. Tutti sappiamo come in certe piazze la reazione sia cruenta, e invece c’è un’aria di speranza, pazienza. Mi aspettavo meno di questo credito, e mi fa piacere scoprire il contrario. Modello americano, spagnolo, inglese? Vediamo cosa si potrà fare, non ci deve essere l’imposizione di uno sugli altri. I mondi stranieri non sono dorati, hanno vantaggi e problemi. La tendenza dev’essere prendere le esperienze positive ovunque esse maturino.

L’impatto di Luis Enrique sul calcio italiano è quello che si aspettava?

L’impatto che ha avuto è quello che immaginavo, sapevo che sarebbe stata difficile e lo è, però mi dà molta soddisfazione il suo impatto con la Roma.

Da quanto tempo ha avuto i primi contatti con la nuova società?

Avvisaglie delle trattative intorno dicembre-gennaio. Una telefonata l’ho avuta a marzo, per dire che la cosa si stava realizzando. Il primo incontro con DiBenedetto ad aprile a Firenze. Poi abbiamo aspettato il closing per incontrare lui i soci, uno James Pallotta. Gli altri soci non li ho ancora conosciuti.

Quanto c’è di Baldini in questa Roma?

La scelta di Sabatini la rivendico. Non credo però che avrò a che fare con lui a lungo, visto quanto fuma. Anche la scelta di Fenucci, la scelta dei dirigenti, di coloro che dovranno operare. C’è tanto.

Per arrivare nell’elite del calcio europeo cosa manca alla Roma? A livello di dirigenza è al top in Europa..

Al top…diciamo che c’è del mestiere, delle esperienze. Ma queste esperienze sono da inserire nel contesto in cui si opera. Questa società ha delle potenzialità, come mi è stato spiegato dai dirigenti nuovi. E soprattutto è Roma. Ci sono società come il Liverpool, la cui città non ha le potenzialità di Roma. Con il tempo e i potenziamenti giusti nel giro di qualche anno, che poi è l’intenzione degli americani, c’è tanta italianità nel loro retropensiero, ma sono persone di busines che vogliono fare un investimento, non speculazione, ma investimento si.

Da dove lei deve partire per dare un segnale di concretezza?

Io sono arrivato nel momento in cui si è stabilito che dovevo arrivare. Non c’è stato nessun cambiamento rispetto a quanto stabilito, era chiaro da subito che non potevo venire prima. Le priorità sono quelle di risolvere il contratto di De Rossi, di chiudere la faccenda con Totti, di fornire gli strumenti alla squadra, finanziari e di sostegno, di poter esprimersi nel modo migliore. Certo, De Rossi è una priorità, il contratto è in scadenza e noi vogliamo l’accordo.

Ha mai pensato ad un ritorno di Capello?

No, mai. Ci vogliono certe persone per fa re un certo tipo di percorso, lui non è mai andato a costruire qualcosa dove c’è bisogno di aspettare. Quando alla Roma c’era qualcosa di ricostruire da capo, se n’è andato. Lui solo sa gestire una squadra di tanti campioni, ma qui siamo agli albori.

Cosa le è mancato di più dell’Italia e di Roma?

Non mi è mancato niente. A parte che a Roma sono regolarmente tornato, una due volte al mese. Non me la sono fatta mancare. Godersi Roma da passante qualsiasi ha tutta un’altra qualità rispetto a uno che ci lavora. Me la sono goduta anche di più, quindi non sono tornato perché mi mancava. Non so perché, ma non è per questo.

Come ha accolto le critiche? Si parla di stadio, c’è stavolta la possibilità di poterlo ottenere con DiBenedetto?

Accetto le critiche e il confronto, continuamente. Ma non troverete confronto di fronte a calunnie e falsità. Io però sarò sempre disponibile al confronto. Lo stadio è un esigenza, è quella la strada che bisogna percorrere. C’è bisogno di una propria casa. Sono sicuro che ce la faremo, non so quanto ci vorrà con questa legge.

Nei confronti delle squadre del nord, in questi anni che lei era fuori, i tifosi hanno spesso hanno lamentato un eccessiva sudditanza, cambierà qualcosa? Ci sono molte aspettative su di lei, invece lei cosa si aspetta dai tifosi e dell’ambiente?

Non è nei rapporti con la classe arbitrale che ci deve essere un cambiamento, c’è una percezione della classe arbitrale che deve essere cambiata. È un fatto sostanziale, se i miei giocatori riescono a percepire l’arbitro come una parte accessoria, giocano più tranquilli. Ma devono essere loro a percepirlo, non devono pensare che il risultato possa dipendere dall’arbitro. Dalla tifoseria c’è l’aspettativa di avere un po’ di pazienza, e sembra che ci sia stata concessa. Mi aspetto quello che sento: io sostenevo che questa fosse la piazza adatta per questo tipo di idea, la romanità è uno stato dell’anima che io non potrò avere, i tifosi non siamo noi che ci lavoriamo, il tifoso vero è quello per il quale il tifo è un costo, in termini di spesa emotiva. Mi aspetto che possano partecipare a questo tipo di condivisione.

E’ vero che potrebbe assumere la carica di vicepresidente?

No, non è vero. Ci sarà il consiglio di amministrazione giovedi prossimo e saranno stabilite le cariche.

Cosa o chi porterebbe dal calcio inglese? E se lei, Sabatini e Fenucci siete una triade, chi fa Moggi?

Fenucci fa il Giraudo, io Bettega e allora direi che per esclusione Sabatini fa il Moggi. Chi porterei? Rooney, mi fa impazzire.

Ha mai pensato che l’impegno degli americani siano esclusivamente per lo stadio?

Parlai con Pallotta e gli chiesi se volevano fare una speculazione con la Roma. Lui mi rispose che i soldi non li fa con la squadra, ma con i fondi. E che ha preso la Roma perché i genitori di origini italiane volevano facesse qualcosa di buono in Italia. Non so rispondere sulle loro intenzioni a lungo termine. Non mi sorprenderei se, in caso sfumasse lo stadio, se ne andassero. Ma loro vogliono investire, avere ritorno personale e di sentimento. Stiamo seguendo un’idea, non una scadenza. Anche io, se si fallissero gli obiettivi, alzerei le mani senza problemi e andrei via.

Cosa ha concluso dalla polemica relativa a Totti?

Tanta amarezza e insulti. Quello che voglio far capire è che se lui dice che un albero è verde e invece è secco e giallo, non bisogna per forza pensarla come lui. Delle cose si parla, si discute. Ci sta che una volta su un milione abbia ragione io. Di Totti e con Totti si può parlare.

I tifosi cosa devono aspettarsi?

Che si intraveda una squadra propositiva, che possa migliorare. Questo. E deve sperare di vederlo consolidato man mano che passa il tempo, perché questi ragazzi si allenano come mai prima. Auguriamoci che tutto si solidifichi giorno per giorno.

De Rossi ha detto che con i soldi risparmiati con lui si comprerebbe un altro giocatore. Che ne pensa? E sui biglietti, i tifosi si sono lamentati per l’aumento dei prezzi.

Su di lui ho risposto dicendo che ci piacerebbe fargli il contratto con tutte le possibilità che abbiamo. E comunque coi soldi risparmiati non riusciremmo a prendere uno forte come lui. Sui biglietti mi è stato spiegato che in alcune partite clou ci sarebbero state delle maggiorazioni verso chi non è abbonato, per incentivare la gente a farlo. E comunque sono aumenti inferiori a quelli applicati da altre società.

Con la Federazione Inglese sarà part-time? E’ stato corteggiato da società inglesi?

I club inglesi che mi hanno corteggiato sono arrivati tardi. Ho detto di sì alla Roma anche senza aver ancora firmato nulla. Con la Federazione inglese è stato laborioso trovare un accordo, che per natura non è che mi faccia piacere ma lo accetto. Per le prossime due amichevoli inglesi siamo rimasti che farò in modo di lasciare il mio know how a chi mi sostituirà. E inoltre non ho ancora un accordo con la società giallorossa, come non ne avrò per un po’ nemmeno con gli inglesi, ma non potrò mollarli su due piedi. Non ho ancora discusso il contratto con la Roma, lo farò presto. Non conta quanto avrò, ma comunque vada ne sarò contento.

Continuerete su questa linea con la Tessera del Tifoso?

Assolutamente sì, cercheremo di rendere lo stadio sempre più frequentabile e fruibile. Non sapete che bellezza assistere ad un match scozzese, tipo Celtic-Rangers… che ambiente che c’era. Qui vorrei che si respirasse la stessa atmosfera. La strada che vorremmo percorrere nel massimo rispetto della legge è quello di rendere più frequntato e frequentabile lo stadio, sia l’Olimpico che l’eventuale nuovo.