sabato, Settembre 28, 2024 Anno XXI


Londra, 26 ottobre 1863: nella Taverna dei Framassoni (o Liberi Muratori), in Great Queen Street, i rappresentanti di undici club fondano la Football Association e scrivono le regole del calcio. I tre punti per la vittoria e i nomi e i numeri fissi sulle magliette, sono novità degli anni Novanta generate dal connubio fra media e sport: i media sono arrivati a scoprire che lo sport, il calcio in particolare, è spettacolo di enorme interesse e lo sport ha scoperto che i media portavano visibilità e denari.

In piena crisi economica i costi per mantenere alta la spettacolarizzazione dello sport si stanno dimostrando esagerati: il mondo dei motori (motoGP e Formula Uno) si è già ridimensionato, altre discipline lo seguiranno. L’obiettivo è chiaro: un calcio più spettacolare, anche grazie alla tecnologia, è ancora più vendibile. Ma sarà davvero ancora divertente come quello che da ragazzi hanno giocato tutti, compresi i campioni di oggi?

I rettangoli di gioco non avevano lati ed erano cortili, piazze, prati e spiagge. Ognuno di noi ha i propri ricordi indelebili. Due capitani facevano le squadre, in piedi al centro: bim, bum, bam e a pari e dispari si contendevano i giocatori a disposizione. Quando mia madre mi regalò il primo pallone di cuoio e lo mostrai fiero, compresi che chi lo porta diventa capitano: evitai così la frequente umiliazione d’esser scelto per ultimo. Non c’era l’arbitro: a rendere le regole, condivise sul momento, serie e vere era il silenzioso patto d’onore stretto fra i giocatori: Non c’è fuorigioco, si può passare al portiere, fallo laterale con i piedi, non vale il gol su rinvio. Se un lato del campo era un muro era richiesta un’ultima decisione: Vale la sponda?, ossia la palla che tocca il muro è da considerarsi uscita o resta in gioco? Fungevano da pali zainetti e maglie, in spiaggia ciabatte incrociate a mo’ di tenda indiana: la porta era cinque passi o sette, i passi dell’una e dell’altra mai uguali, raramente parallele le porte. Se la palla superava il portiere quello gridava: Palo! o, meglio ancora: Traversa!, e chi aveva toccato con la mano giurava sempre assoluta involontarietà: benevoli concessioni alla fantasia che scatenavano più risate che risse.

Quando le forze venivano meno e cominciavano a saltare gli schemi, il capitano dei perdenti lanciava l’ultimo accorato appello: Facciamo che chi segna questo gol vince?. La partita finiva solo quando calava il buio, l’ora fissata dai genitori per il rientro. Vedere che molti dei nostri ragazzi continuano a gustare i miracoli del calcio fai da te, fa sperare che in giro ci saranno sempre sportivi che amano giocare e vedere il football e non insopportabili discussioni e invadenti spot pubblicitari.

Testo di Francesco Di Chiara – www.cittanuova.it

Per Corederoma
Paolo Nasuto