lunedì, Settembre 30, 2024 Anno XXI


In 2 articoli intitolati “Quando la piazza vuole comandare”, Fabrizio Bocca attribuisce alle pressioni della piazza fiorentina un peso notevole nel determinare l’esonero di Sinisa Mihajlovic. Negli articoli l’autore lascia anche intendere che una società seria e responsabile non dovrebbe mai farsi influenzare più di tanto dagli umori dei propri tifosi.

Poche settimane fa, per l’ennesima volta, è stata ipotizzata la costruzione del nuovo stadio di Firenze. Le istituzioni e la ACF Fiorentina hanno espresso la loro opinione su ipotetiche zone nelle quali costruire, e sulla tipologia dell’impianto. Ma la voce dei tifosi sull’argomento si è limitata a qualche mezza paginata di interviste sui giornali e (per fortuna!) ai commenti sui siti internet.

E’ di ieri l’appello di Vincenzo Guerini perché il Franchi , nella partita contro il Milan, sia trasformato in una bolgia. E la richiesta che questo venga facilitato attraverso la riduzione del prezzo del biglietto, sta viaggiando lodevolmente attraverso il sito “Dodicesimo Uomo”.

Quanto sopra porta ad alcune riflessioni. E’ possibile che su un aspetto così importante per i risultati della propria squadra come la guida tecnica, i tifosi possano incidere “solamente” attraverso una “pressione” ambientale, con cori durante la partita, o atteggiamenti ostili nei confronti della squadra di ritorno dalle trasferte ai “campini”?

E ancor di più: è giusto che in merito a decisioni su argomenti basilari per la vita del Club ma anche dei tifosi, come la costruzione di un nuovo stadio e il prezzo dei biglietti, il peso degli appassionati risulti tutto sommato marginale, realizzandosi solo attraverso commenti o richieste tramite internet e carta stampata?

In realtà un modo più diretto di partecipare alle decisioni societarie esiste, ed è già attuato in Germania e Spagna. E la realizzazione di questo modello è stato ipotizzata anche per la Fiorentina durante un convegno organizzato, il 5 settembre scorso in Palazzo Vecchio, dal Centro Studi della FIGC e intitolato “La Governance delle società di calcio. Il ruolo delle amministrazioni locali”. Qualcosa dunque sta cambiando, e la Fiorentina potrebbe essere la capofila di questo cambiamento, ma……….

Vediamo come stanno i fatti.

In ambito calcistico la Corporate Governance, cioè il Governo Societario, si rifà a due modelli fondamentali, la Governance aperta e quella chiusa.

La prima, attuata nel Calcio inglese e dai Club Italiani, consiste nella presenza di un unico proprietario, azionista di maggioranza, che decide la vita societaria attraverso i vari organi di governo. Né i tifosi né le istituzioni locali hanno un potere decisionale né tantomeno consultivo, e questo modello (tra l’altro) espone al rischio di fallimento in caso di tracollo dell’unico proprietario (negli ultimi sette anni sono fallite in Italia ben 70 società professionistiche, e negli ultimi 3 anni quasi 3 milioni di Italiani sono rimasti senza una squadra professionistica che sia espressione del proprio territorio).

Il modello di Governance aperta trova la massima espressione nel calcio tedesco, in particolare in Club come l’Amburgo e il Bayern Monaco, nei quali vige la cosiddetta Regel 50+1. Questa norma della Federazione Tedesca, prevede che il possesso del capitale del club sia, in misura del 50+1, in mano ad una associazione sportiva (cioè tifosi, imprenditori e istituzioni locali). Con meccanismi che sarebbe troppo lungo qui descrivere nei dettagli, i tifosi partecipano alla vita e alle decisioni societarie, attraverso un azionariato popolare, tramite la partecipazione all’elezione dei vari organi di amministrazione o addirittura con la presenza nei medesimi di propri rappresentanti. Anche in Spagna Barcellona, Real Madrid, Osasuna e Athletic Bilbao prevedono una Governance societaria aperta.

E in Italia? A parte il tentativo del Mantova calcio, siamo ancora al nulla, o almeno al poco. E questo poco è rappresentato proprio dalla Fiorentina. Qualche mese fa Eugenio Giani e Dario Nardella sono entrati nel Consiglio di Amministrazione della società, anche se senza potere di voto, e questo fatto è stato salutato come il primo vero esempio di Governance aperta in Italia. E i tifosi? Durante il convegno (al quale erano presenti sia l’Assessore Nardella che il Presidente Cognigni) un coinvolgimento dei supporter è stato più volte e con anfasi ipotizzato e auspicato. Tra l’altro questo non rappresenterebbe che la concretizzazione di quanto promesso nell’ormai lontano 2003, quando l’allora Presidente Gino Salica e Diego Della Valle indicarono l’Azionariato popolare come obbiettivo irrinunciabile e importante da raggiungere, con un iniziale 19% delle azioni a disposizioni di tifosi e realtà locali. Ma, durante il convegno, cosa è stato annunciato di concreto, di circostanziato? Ancora niente, ed è su questo “niente” che dovrebbero inserirsi con forza e unità d’intenti le varie associazioni di tifosi e anche i “movimenti” della curva. E cioè ATF, ACCVC, e gli eredi del movimento Ultras. Per chiedere chiaramente e con decisione se queste, pronunciate anni fa o da appena qualche giorno, siano solo parole per farsi belli o reali intenzioni. E a farlo dovrebbero essere direttamente le persone che rappresentano queste importanti realtà della tifoseria, persone delle quali è inutile fare i nomi, ma che tutti conosciamo.

Chi ancora crede nella “mentalità ultras”, potrebbe obbiettare che entrare nel governo societario rappresenterebbe un piegarsi alla logica del calcio moderno, ed equivarrebbe a quanto fatto da chi, dopo aver partecipato al ‘68 , è entrato nei centri del potere e nelle istituzioni. La risposta a queste giuste osservazioni sta nella constatazione che un atteggiamento così “romanticamente rivoluzionario”, portato avanti finora, ha visto poi i tifosi subire tutto e sempre: vogliamo continuare così o è arrivata l’ora di provare a cambiare?

Rispondo al quesito che viene posto: non centra molto secondo me la “mentalità ultras” con l’azionariato popolare che si cerca di proporre oggi in Italia. Anzi, proprio le curve e gli ultras dovrebbero essere i primi a muoversi in questo senso: chi più di loro da il proprio contributo “fisico” alla squadra e chi meglio di loro è depositario dei valori e delle tradizioni della storia di un club? E l’Azionariato Popolare per conto mio è un’opportunità, qualcosa che può finalmente far contare qualcosa anche chi fino ad oggi ha solo fatto comodo per determinate situazioni salvo poi essere scaricato quando la sua presenza diventava ingombrante…

Non regge il paragone con il ’68, perchè comunque l’entrare in parlamento era il sogno di molti che vedevano l’opportunità di poter cambiare le cose. Poi ci sono stati i figli di puttana che di fronte allo sfascio delle ideologie hanno cambiato pelle e bandiera. Ma qui si parla di far parte di qualcosa che ci appartiene, che appartiene a tutti noi tifosi, ultras o meno.

Credo fortemente nell’opportunità di lanciare l’azionariato popolare anche in Italia. Può essere l’unico sistema per avere un calcio più a misura di tifoso.

(Dodicesimouomo)

Per Corederoma
Paolo Nasuto