sabato, Settembre 28, 2024 Anno XXI


L’Udinese ha una media spettatori di 16,482 nel 2012. Tra le squadre di testa è ultima. Ovviamente il Milan con 41 mila è inarrivabile, la Lazio 34 mila, la Juve 36 mila sono ben al di sopra dei bianconeri. Salta all’occhio però che per tutte, Juve a parte, la media riempimento dell’impianto si assesta sul 50%. Insomma stadi mezzi vuoti, anche per le squadre di vertice, figurarsi per le altre. Persino il Genoa, storicamente società seguita da molto pubblico, fa “solo” 20 mila presenze di media e la percentuale di riempimento è del 56%. Va meglio il Napoli con 46 mila presenze e col san Paolo riempito per il 77%. la Fiorentina e il palermo, rimanendo tra le cosiddette medio grandi, fanno rispettivamente 20 mila (44%) e 19 mila (53%).

La domanda che ci poniamo è quindi: il nuovo Friuli da 25 mila posti tutti coperti cosa potrà portare in più? Sicuramente maggior tifo, nel senso che si farà sentire di piùà. Ma in termini numerici Udine è capace di riportare persone allo stadio? Oppure l’emorragia di questi anni è un male italiano a cui il “Friuli”, vecchio o nuovo, può contrapporre poco? Con un calcio-spezzatino sempre più ingombrante portare gente allo stadio non sarà facile. Prendiamo questo periodo: da qui a Natale ci sono una di partite in programma tra anticipi e posticipi di serie A, serie Bwin, Champions, Europa League e Tim Cup. A partire da stasera, e per 34 giorni consecutivi, si inanellerà una inarrestabile serie di partite tutte giocate alla luce dei riflettori. La sera, pioggia o non pioggia, freddo o non freddo, la gente preferisce fare altro. Magari davanti alla Tv. Finché i club saranno legati a doppio filo alle televisioni, anche i nuovi impianti serviranno a poco. Perché finito l’effetto novità ci si dovrà scontrare con altri problemi: in un Paese dove ticketing e merchandising sono solo parole appare inevitabile che gli stadi siano vuoti. E’ il frutto della scelta scellerata di aver messo il calcio nelle mani di pay tv. E quando queste si accorgeranno che il prodotto non “tira più” caleranno gli introiti e i club saranno messi definitivamente al tappeto. Il dramma del nostro calcio è che mancano investimenti nei vivai, che dovrebbero essere l’ossatura della squadra (vedi Barcellona), e che i soldi che arrivano dai diritti televisivi vengono sperperati in ingaggi, invece che comprando i migliori del mondo. Che, inevitabilmente, scelgono altri lidi, abbandonando di fatto quello che un tempo fu “il campionato più bello del mondo”.

L’Udinese, si sa, ha scelto un’altra strada: economicamente è l’unica squadra in Europa ai vertici con un utile di mercato di 63 milioni. Lo United, il Real, Il Bayern, tanto per citarne alcune, hanno un segno meno grande come una casa. L’Udinese ha un monte ingaggi che non arriva ai 30 milioni, una nullità rispetto ai 12 milioni che, per esempio, percepisce Ronaldo.

Una politica più meritocratica aiuterebbe a rendere comunque più equilibrati gli introiti: è inutile, infatti, che a prendere il grosso della torta siano sempre le solite note che poi sperperano tutto in monte ingaggi. Solo in Italia c’è un senso metropolitancentrico che fa credere che la gente si possa interessare solo alle cosiddette big. Negli anni ’80 la gente si appassionava di calcio, e guardava con interesse dove c’erano belle squadre. E’ chiaro che senza soldi, senza strutture, senza una distribuzione equa dei diritti le belle squadre non ci saranno più. Al massimo ci si deve accontentare di compagini costruite con gli scarti degli altri.

Il discorso iniziale però era un altro: il club bianconero potrà fare il grande passo per diventare grande solo costruendo lo stadio? Sminuirsi sempre parlando di altri come candidati a vincere sarà pure un metodo per “volare bassi”, ma alla fine provoca nello stesso ambiente mancanza di fiducia nei propri mezzi. Innescando inevitabilmente le solite voci di mercato in uscita. Facciamo un esempio: Quagliarella piace ai tifosi, ma è praticamente impossibile che arrivi. Lasciar credere che però sia un obiettivo “possibile”, se solo lo si volesse, dimostrerebbe forza e creerebbe entusiasmo. Guidolin risponderebbe che “qui non vendiamo fumo”. Vero, ma il punto non è vendere fumo, ma gettarlo negli occhi degli altri che continuano a vedere Udine come la “provincia allegra”.

Rimane il fatto che lo stadio nuovo non porterà poi ulteriori introiti importanti: qualche milione in più, ma non cifre che permetteranno di poter pensare di essere diventati una superpotenza. Quella la si diventa solo se passa l’intenzione delle 5 nuove sorelle di ridistribuire in modo anglosassone i diritti delle Tv, e con una ristrutturazione delle trasmissioni. In Italia la tv trasmette tutti gli incontri, mentre in Premier League non è così, c’è una “protezione” per consentire ai tifosi di andare allo stadio e non perdere la passione. Da noi, la resa alle tv è totale visto che un miliardo entra nelle casse dei presidenti che continuano a dire che col calcio non si arricchiscono. La guerra in questo senso è già cominciata: Beretta è sfiduciato da Paolillo e da Zamparini, ovvero da due big in Lega. La Juve sembra estranea a questa, dopo aver intrapreso una lotta tutta sua contro il sistema. Il Milan sembra distratto da altre problematiche (è legato a doppio mandato al destino di Mediaset). E’ il momento di far venire al potere altre idee, altre persone. I Pozzo sono disposti a prendere un ruolo di primo piano in Lega?

Insomma la rivoluzione del calcio è appena cominciata: ma il sistema ha bisogno di una ristrutturazione dalle fondamenta, non solo un’imbiancata agli impianti. Perché le Tv che dominano oggi come oggi, non è detto che ci saranno per sempre e occorre capire a quali altre risorse occorre attingere.

Articolo tratto da Il Friuli

Per Corederoma
Paolo Nasuto