giovedì, Ottobre 03, 2024 Anno XXI


Tra osservare e pensare, parafrasando un vecchio adagio popolare, ci può essere di mezzo il mare.
Se non si ha la competenza, non si hanno gli strumenti, per comprendere ciò che si osserva, l’osservazione stessa si riduce a pura passività.Se osservo un’opera di Alberto Burri o di Lucio Fontana (quello delle tele tagliate, per intendersi) senza comprenderne il significato, la mia osservazione è, e sarà sterile.
La decisione dell’Osservatorio Nazionale sulle Manifestazioni sportive sulla disciplina dell’accesso all’Olimpico per l’incontro Roma-Napoli del 20 ottobre di chiudere il settore ospiti, ma consentire indistintamente la vendita dei biglietti nell’ambito di Roma e provincia è il classico esempio di osservazione passiva.
Attribuire all’evento il rischio 4, il più alto, è, evidentemente, frutto dell’osservazione dei comportamenti delle rispettive tifoserie, della conoscenza dei loro precedenti.
Vietare l’accesso al settore ospiti e limitare la vendita dei biglietti nella città di Roma e nella sua provincia è, invece, una palese manifestazione di incompetenza e di incomprensione di ciò che si è osservato.
Sia chiaro che io non ho nulla nei confronti dei napoletani, ai quali peraltro mi accomunano le origini, né contro altri tifosi avversari.
Faccio solo un discorso di sicurezza e muovo dai medesimi presupposti dai quali si è mosso l’Osservatorio: la massima pericolosità dell’evento.
1) La pericolosità di un gruppo di teppisti o di delinquenti non è sempre proporzionale al loro numero. Dagli anni del terrorismo in poi sappiamo bene, specie a Roma, quale capacità di offendere abbiano poche e ben organizzate menti criminali.
2) La vulnerabilità di un gruppo di prede potenziali è inversamente proporzionale al loro numero. Basta vedere una qualunque puntata di Superquark per rendersene conto.
3) La somma di queste due considerazioni, o meglio la loro combinazione, dimostra che la pericolosità del contatto tra le due tifoserie, siano esse aggredite o aggressori, non è in rapporto al numero. Basta che gli aggrediti siano in numero inferiore agli aggressori e non occorre che si dispieghino cannoni o altre armi campali, basta un coltello o una pistola, ma anche una qualsiasi arma impropria.
4) Abolire la venuta in massa della tifoseria ospite è un chiaro invito ai delinquenti a disperdersi in gruppetti organizzati e a chi intende aggredire i tifosi avversari a tendergli agguati.
5) Roma e Napoli non sono distanti come Helsinki e Città del Capo, sono divise da meno di 200 kilometri, molto meno se si considerano le distanze tra i confini delle rispettive province. L’invasione di Milano, che da Napoli di kilometri ne dista 700, da parte dei tifosi napoletani non vi ha detto nulla?
6) Roma e la sua provincia sono popolate da napoletani, è così difficile acquistare un biglietto (o i 4 canonici) per un paesano? E i bagarini chi li controlla?
7) E’ più facile gestire e controllare mille persone ordinate che mille persone disperse. Chiedete alle maestre d’asilo come si gestisce una scolaresca in gita. A che servono i presidi di polizia se poi ci troveremo gomito a gomito allo Stadio e nelle vie di accesso?
8) Lo Stadio Olimpico e le sue zone circostanti sono ricchi di misteri. Per oltre un anno (dicono) vi è rimasto nascosto uno scatolone pieno di schede elettorali. E’ proprio impossibile nascondervi un’arma?
9) Le vie d’accesso all’Olimpico sono praticamente infinite e piene di anfratti. Ci si potrebbe giocare a nascondino e non ti troverebbe manco quello della pubblicità del gratta e vinci, figuratevi che ci vuole ad organizzare un agguato.
10) Quando avete preso la decisione, signori dell’Osservatorio vi eravate premurati di accendere preventivamente il cervello? Non è indispensabile, ma può aiutare, se si hanno responsabilità da assumere.
Le mie considerazioni sono rabbiose, vuote e banali, lo so, ma hanno uno scopo immediato e diretto.
Lasciare traccia.
Chiedere conto a chi di dovere.
Le misure suggerite dall’Osservatorio dovrebbero garantire la sicurezza di quelli che, pacificamente, vorrebbero andare allo Stadio.
Ne siete sicuri Signori Preposti alla Sicurezza? Me lo garantite personalmente?
Siete disposti a giocarci la Vostra poltrona, la Vostra carriera, il Vostro patrimonio e la Vostra pensione?
Aspetto risposte e non sono il solo.
Spero con tutto me stesso che nulla accada.
Non sia mai succedesse qualcosa, non provatevi a travestirvi da moralizzatori, da affranti e da impotenti, non invocate il disagio sociale o altre mille scusanti.
La colpa sarà solo vostra.
Le ragioni della sintesi mi farebbero concludere qui.
Ma c’è dell’altro e non riesco proprio a trattenermi.
Nella società dei mass media, senza scomodare Karl Popper, i giornali, le radio e le televisioni informano, indirizzano e orientano, anche chi deve decidere per tutti.
Non si limitano solo a fotografare la realtà.
Questo evento, complice anche la sosta di campionato, è stato analizzando a lungo dalla stampa e c’è chi, come ilRomanista e il suo direttore Luna, ha chiaramente indirizzato l’opinione pubblica, e di conseguenza, a mio avviso, anche l’Osservatorio, verso una completa sottovalutazione della pericolosità dell’incontro tra romanisti e napoletani o per meglio dire tra una parte (sempre la stessa) di romanisti e napoletani.
Parole come “sono anch’io napoletano” fanno effetto e danno visibilità, vanno bene per vendere copie anche fuori provincia, ma dimostrano, quantomeno, di non capire le dinamiche attualmente in atto.
C’è chi su questo ha già ironizzato, con il sadismo tipico della satira, e ha fatto bene.
Nulla seppellisce di più di una risata.
Ma quelle stesse parole così politicamente corrette, se solleticano il narcisismo dei buonisti e confortano i perbenisti che si vedranno la partita spaparanzati davanti alla TV, non convincono di certo quelli che fanno della contrapposizione violenta il loro credo.
Anzi.
Li istigano a fare di più e di peggio.
Per avere il loro titolone sui giornali, il giorno dopo.
Non ho grande simpatia per il quotidiano diretto dal dott. Luna, lo confesso, ma qui c’è altro che la mia personale insofferenza.
C’è la constatazione che chi dovrebbe (dice) tutelare i tifosi romanisti non si è minimamente preoccupato di farsi voce delle loro reali preoccupazioni e della tutela concreta della loro integrità.
Li ha fatti mandare scientemente allo sbaraglio fingendo di non sapere che quando i napoletani saranno in Tribuna Tevere o nei Distinti Nord potrà, senza esagerare, succedere di tutto.
Per non parlare di quello che potrebbe accadere fuori dai cancelli.
Ha montato una campagna di stampa secondo cui basta qualche lettera di tifosi napoletani che dicono “veniamo in pace” per eliminare ogni rischio e ogni pericolo.
Ha steso su questa vicenda un velo di pietoso “volemose bene” che è l’esatto contrario di quello che serviva, visto che i fatti di violenza sono sotto gli occhi di tutti e i precedenti pure e l’attenzione doveva rimanere altissima.
Nessuno chiedeva a ilRomanista di farsi latore di aggressività o di titoli allarmistici.
Si voleva solo che il giornale dei tifosi della capitale facesse capire a chi di dovere quali erano e sono i rischi reali delle scelte da prendere.
Invece non lo ha fatto, ha fatto l’esatto contrario e di questo prendiamo dolorosamente atto.
Migliaia di donne e di bambini, di anziani e di adolescenti popoleranno l’Olimpico per Roma-Napoli.
Dott. Luna, garantisce Lei?
Sulla loro tranquillità, sulla loro incolumità, sulla loro allegria?
Ha già pronta la doppia prima pagina del quotidiano?
Se non dovesse accadere niente, come speriamo, titolerà “grazie a noi”, se le cose purtroppo dovessero andar male invece scriverà “malgrado noi”, tanto è solo giornalismo, sono libere opinioni, parole al vento.
Troppo comodo quando si sta tranquillamente in redazione, nella lussuosa sala stampa dell’Olimpico o protetti in tribuna stampa.
E’ venuto il momento di non tirarsi indietro, civilmente e responsabilmente.
Ognuno si assuma le proprie responsabilità, lo ribadisco.
Perché nulla di brutto accada.
C’è ancora tempo per rimediare.
I coccodrilli lasciamoli sulle magliette della Lacoste.