lunedì, Settembre 16, 2024 Anno XXI


La prima sezione penale della Corte di Cassazione ha confermato la condanna a 9 anni e quattro mesi di reclusione per l’ex agente della polizia stradale di Arezzo, Luigi Spaccarotella, per l’omicidio del tifoso della Lazio e Dj Gabriele Sandri, ucciso con un colpo di pistola l’11 novembre del 2007 nell’area di servizio autostradale Badia al Pino. La Corte di Cassazione ha quindi rigettato il ricorso, così come richiesto dal sostituto pg Francesco Iacoviello, presentato dai legali di Spaccarotella contro la sentenza emessa dalla Corte d’assise d’Appello di Firenze che ha riconosciuto l’omicidio volontario con dolo eventuale.

Per la Procura Generale della Cassazione l’uccisione di Gabriele Sandri fu omicidio volontario. Per questo il Pg, Francesco Iacoviello, ha chiesto di confermare la condanna a 9 anni e 4 mesi per Luigi Spaccarotella.

La vicenda dell’omicidio del tifoso della Lazio e dj ucciso con un colpo di pistola alla testa dall’agente Luigi Spaccarotella l’11 novembre del 2007 mentre si trovava sui sedili posteriori di un’autovettura nell’area di servizio Badia al Pino, ad Arezzo, è davanti alla Suprema Corte. Per la vicenda Spaccarotella è stato condannato dalla Corte d’Assise d’Appello di Firenze a 9 anni e 4 mesi di reclusione per omicidio volontario.

Due processi: in primo grado l’agente aveva avuto una condanna più mite, 6 anni per omicidio colposo con colpa cosciente. I giudici del secondo grado hanno invece accolto la tesi dell’accusa riconoscendo nella condotta di Spaccarotella il reato di omicidio volontario con dolo eventuale. Il Viminale ha risarcito i familiari di Gabriele Sandri. Lo si è appreso da fonti della difesa dell’imputato. Michele Monaco, legale dei Sandri, ha confermato la notizia pur non rivelando l’entità della cifra, precisando che è stata ritenuta ”congrua” anche se ”non potrà mai riparare alla perdita di Gabriele”.

La Corte d’Assise d’appello di Firenze ha emesso una condanna a 9 anni e 4 mesi, riducendo la richiesta iniziale di 14 anni di reclusione sulla base del rito abbreviato e delle attenuanti generiche. Luigi Spaccarotella ha sparato con la propria arma di ordinanza mentre si trovava nella corsia di marcia opposta a quella dove era ferma l’auto con Gabriele Sandri a bordo. Il giovane era partito da Roma insieme ad amici per raggiungere Milano, dove si doveva giocare Inter-Lazio.

L’agente della Polstrada, Luigi Spaccarotella, non stava mirando alle gomme della Renault sulla quale si trovava Gabriele Sandri, ma sparò perché ”voleva colpire la macchina e l’ha colpita”, ha detto il sostituto procuratore della Cassazione Francesco Iacoviello aggiungendo che ”la vittima è stata colpita al collo, se ci fosse stata una deviazione della rete, al massimo, sarebbe stata attinta al petto”. La requisitoria del pg è durata circa un’ora e si è conclusa con la richiesta del rigetto del ricorso presentato dai legali di Spaccarotella, avvocati Federico Bagattini e Francesco Molino. L’udienza si svolge innanzi alla Prima sezione penale della Cassazione gremita di amici e parenti di Gabriele Sandri. “Siamo qui per Gabriele – spiega un portavoce degli amici – perché un cittadino italiano è stato ucciso intenzionalmente”. In prima fila, insieme al legale di parte civile, avvocato Michele Monaco, siedono, con grande compostezza il fratello e il padre della giovane vittima, Cristiano e Giorgio. Spaccarotella che in attesa del giudizio definitivo è stato sospeso dal servizio, si trova in stato di libertà. Nel pomeriggio dovrebbe essere emesso il verdetto della Suprema Corte.

”Se Spaccarotella sparando avesse centrato un’auto in transito – ha detto il pg Iacoviello – forse si sarebbe potuto parlare di omicidio colposo. Ma c’è diversità tra sparare verso un’auto e colpire un’occupante di quella autovettura, e sparare dall’altra parte della strada e colpire un’auto di passaggio”. Il sostituto procuratore generale della Cassazione si è inoltre soffermato anche sulla mancanza del movente, sottolineando che ”il movente non conta quando si ha a che fare con il dolo eventuale. Il poliziotto che spara – ha detto il pg Francesco Iacoviello – è chiaro che non ha un movente per uccidere, ma anche il ladro che scappa non lo ha. Entrambi vogliono impedire qualcosa e accettano il rischio, il movente non cambia tanto da una parte e dall’altra”. Iacoviello ha definito la sentenza di secondo grado, che ha condannato Luigi Spaccarotella, ”una sentenza pregevolissima”.

Per Iacoviello, quindi, Spaccarotella agì sparando sulla macchina dei tifosi biancocelesti come in risposta allo ”smacco o alla beffa per il fatto che non si erano fermati né all’azionamento della sirena delle forze dell’ordine, né dopo che lui stesso aveva sparato un colpo in aria”. Per il pg questa reazione dell’agente fu ”abnorme tanto che gli altri tre poliziotti che erano con lui non spararono e reagirono diversamente”. Iacoviello iniziando la sua requisitoria nella quale aveva premesso di voler trattare ”solo argomenti di diritto” tra le prime osservazioni non ha mancato di rilevare che ”se a sparare fosse stato un pregiudicato, anzichè un poliziotto, il giudice avrebbe impiegato solo una manciata di secondi per condannarlo per omicidio volontario con dolo eventuale” come, nella vicenda Sandri, è avvenuto solo nel secondo grado di giudizio anzichè fin dal primo”.

La requisitoria del sostituto procuratore generale della Cassazione, Francesco Iacoviello, è stata “molto apprezzata e condivisibile” dalla famiglia Sandri. Il padre e il fratello di gabbo hanno rilevato come la difesa di Spaccarotella, anche in Cassazione, ”si è solo limitata a riproporre la smentita linea di difesa dello sparo involontario”. “Mi aspetto giustizia. Voglio essere fiducioso. Anche perché non confermare la condanna per omicidio volontario sarebbe sconcertante”. Poche parole, sussurrate con il volto dentro al cappotto, ma convinte quelle di Giorgio Sandri, padre di Gabbo. Nell’aula Brancaccio della prima sezione penale dove si è svolta l’udienza anche alla presenza del padre del ragazzo ucciso e del fratello, Cristiano. Molti anche gli amici del dj, tifoso laziale, presenti in aula. Alcuni di loro indossano cappelli con l’Aquila, simbolo della fede biancoceleste.

“Il procuratore generale ha sostenuto quello che noi abbiamo detto sin dall’inizio. E’ un caso di scuola di dolo eventuale. L’azione dell’agente di polizia è un’azione che si focalizza nel dolo eventuale, è un operatore di polizia e non aveva una carabina di precisione che ti permette di capire cosa colpisci – ha detto Cristiano Sandri, fratello di Gabriele al termine della requisitoria del procuratore generale Iacoviello – Ci sono testimonianze cristallizzate che hanno descritto benissimo l’agente Spaccarotella nella sua posizione. Ha solo accettato il rischio che colpendo la macchina avrebbe colpito uno degli occupanti. Noi ci attendiamo la conferma della sentenza di appello. Se venisse legittimata la sentenza di primo grado – ha commentato Cristiano Sandri – allora tutte le strade italiane diventerebbero un far-west nel quale alle forze dell’ordine sarebbe lecito sparare per nulla. All’ergastolo siamo stati condannati noi familiari di Gabriele e non l’imputato che, con i benefici, sconterà al massimo la metà della pena: dico questo da avvocato, senza contestare l’ordinamento penitenziario ma solo per dire come stanno le cose obiettivamente”. Cristiano poi ci ha tenuto a sottolineare che “l’agente della Polstrada Luigi Spaccarotella non ci ha mai scritto alcuna parola di vicinanza o richiesta di perdono”. Uno dei difensori di Spaccarotella, l’avvocato Federico Bagattini, ha spiegato che l’agente ”aveva scritto una lettera tramite il vescovo di Arezzo, che doveva farla pervenire al cardinal Bertone, ma questa missiva non è mai arrivata alla famiglia Sandri”

La difesa di Spaccarotella, sostenuta anche dal legale Francesco Molino, punta su una “mal motivazione in punto di sussistenza dell’elemento psicologico del dolo” della sentenza d’appello. Che, se dimostrata, potrebbe portare all’annullamento del processo e all’inizio di uno nuovo. Di certo, se la Cassazione confermasse il verdetto dell’Appello l’imputato (che attende il verdetto ad Arezzo), a distanza di oltre quattro anni dai fatti, finirebbe in carcere scontando la pena per intero in quanto non ha periodi di carcerazione preventiva già trascorsi.

LaRepubblica.it

Per Corederoma
Paolo Nasuto