venerdì, Ottobre 18, 2024 Anno XXI


La mutazione del calcio italiano (in peggio, a giudizio di tutti e a prova di tifo) sta diventando molto interessante. E non parlo degli scandali fuori campo, degli arbitraggi, dei terreni da beach-soccer alla napoletana, ecc., di cui sappiamo.

No. Parlo del rapporto che c’è tra il calcio giocato e il contenitore-calcio: da sempre le partite, belle o brutte che fossero, coinvolgendo emotivamente milioni di persone specie davanti alla tv erano servite da straordinaria arma di distrazione di massa. Nel doppio uso strumentale di distrarre dal sistema-Paese fatiscente (versione aggiornata del solito “oppio”) e di non far incentrare l’attenzione del consumatore pallonaro sulle nequizie del sistema rotondolatrico. Negli ultimi anni la successione incredibile di scandali interni al calcio e commisurati allo sfaldamento italiano complessivo sembrava aver destato un minimo di indignazione all’interno dell’ambiente pallonaro: di qui la versione politicizzata del “che schifo, il calcio è come tutto il resto” e quella ipercalcistizzata del “se è così, non vado più allo stadio”.

Il tutto ovviamente fino a quando l’arbitro non rifischiava l’inizio della partita successiva della squadra del cuore (e del fegato) del tifoso ritratto “nello stadio della maturità” di cui ho grossolanamente tracciato l’identikit. Dunque indignazione contro tifo, con massiccia prevalenza del secondo. Mi sembra che ultimamente – ed è questa la mutazione profonda che avremmo sotto gli occhi se non prendo abbagli – si stia passando da “indignazione contro tifo” a “indignazione e tifo insieme”, a una sorta di convivenza. Nella sensibilità collettiva c’è questa difesa estrema del calcio e del tifo che prevede una coabitazione nella stessa persona di due atteggiamenti molto diversi. Da un lato gli scandali e la non funzionalità del pallone nostrano sono talmente evidenti da non poter evitare l’indignazione, per recitativa e spesso di parte che sia (i tuoi sono innocenti, gli altri colpevoli pressoché a priori, cfr. lo scandalo di Scommettopoli); dall’altro nessuno vuol rinunciare alla franchigia umorale del tifo, che si rinnova quotidianamente o alle brutte (senza Coppe…) settimanalmente. Si sentirebbe deprivato di qualcosa in un Paese già trafitto dalle deprivazioni. Quindi il calcio giocato non esorcizza più gli scandali, come in passato, né ne subisce le conseguenze: semplicemente i due aspetti convivono in una sorta di piano indifferenziato di logica e logistica, a un livello di coscienza sempre più menefreghista. Se è così, per l’ennesima volta il mondo del pallone farebbe da cartina di tornasole ai più generali umori degli italiani offrendone una lettura politicissima. Da Tangentopoli a Italiopoli vent’anni dopo, da un calcio che si indignava a uno che mescola l’indignazione al tifo come se niente fosse. E questo sembra valere un po’ per tutto.

L’incidenza delle prime sentenze di Scommettopoli – in attesa tutt’altro che fremente delle seconde – sull’andazzo del campionato? Vicina allo zero: sì, qualche giocatore in ballo, qualche altro assolto (sempre in termini di giustizia sportiva), allenatori condannati che comunicano ai giocatori per interposto telefono e relativo vice le disposizioni vanificando le sentenze per fasulle che siano, squadre penalizzate ma senza pathos… Si convive con la degenerazione come se fosse un fenomeno naturale. Gli arbitri e la new entry dei giudici di porta che continuano a sbagliare sospettamente a senso unico (cfr. la Juve, è il suo momento…)? Tutto regolare, è così per le squadre al comando dalla notte dei tempi pallonari.

Inter e Telecom condannate a risarcire Bobo Vieri con un milione di euro per l’indebito spionaggio nei suoi confronti? Uno scherzetto da niente, impervio da collegare con tutta la faccenda di Calciopoli su cui si vuole stendere il noto velo non pietoso ma opportunista: chi ricorderà che Tavaroli spiava anche Moggi “prima”, ripeto cronologicamente e illegalmente “prima” di quando sono partite le intercettazioni legali ( e poi manipolate) dello scandalo degli scandali?

Si andrà allo stadio sapendo di tutto ciò “come se” fosse irrelato dagli eventuali gol di Milito… Anche se poi lo stesso stadio di Milano contempla il mistero gaudioso di uno striscione interista a favore dell’avversario in panchina, pro-Zeman e la sua etica… Che non è solo anti-juventina, come si vorrebbe forse far credere, ma anti-imposture del potere, nel caso quello rotondocratico. E la convivenza tra indignazione e tifo si trasferisce ora alla Nazionale di Prandelli, ricettacolo di perversioni alla vigilia degli Europei (clicca su Monti, Bonucci, Criscito, lo stesso Prandelli ecc.) e risurrezione del pallone nella “cavalcata” quasi vincente (clicca su Napolitano e tutti gli altri, fino a Balotelli ecc.).

Venerdì la Bulgaria, martedì Malta, con convocazioni di necessità per Pazzini e di investimento per Insigne. Nel livellamento generale, possono bastare anche i resti italiani, pur nel dubbio del giocatore più importante infortunato, De Rossi. Ma è calcio patriottardo giocato lontano dal resto che si vuol far dimenticare oppure sono due facce della stessa medaglia? Bah… intanto la Roma gioca bene e vince mentre la Fiorentina gioca bene e perde, ma almeno si vede un po’ di spettacolo sportivo e non solo televisivo, teatrale e non solo cinematografico, del calcio non consueto e quasi reagente alla consunzione generalizzata. Zeman for president, comunque vada.

[Fonte: Sportpeople]

Per Corederoma
Paolo Nasuto