mercoledì, Ottobre 02, 2024 Anno XXI


La festa appena cominciata è già finita. Il cielo non è più con noi. Per questo canto e canto te” . Sono i versi di “Canzone per te” vincitrice del Festival di Sanremo del 1968 con le voci melanconiche di Sergio Endrigo e Roberto Carlos. Sembrano scritti per la Roma di oggi, che pare un film montato male, con i titoli di coda all’inizio del primo tempo. Abbiamo cominciato il massimo torneo da campioni in pectore ed ora ci riteniamo appena appena soddisfatti se invece di prenderne cinque oltre manica come l’agosto scorso, guarda caso dal Tottenham appena battuto dalla nostra prossima avversaria di campionato, ne prendiamo solo uno, senza mai, o quasi, tirare in porta.
La Curva Sud intona “Que serà serà”, ma questa canzone bellissima, invece di essere l’ultimo straziante saluto a chi ha dato tutto, sta diventando una sorta di colonna sonora della stagione. Il contrappasso al Seven Nation Army dei White Stripes che accompagnò la rinascita della Roma spallettiana.
La filosofia del “col tempo tutto s’aggiusta”, adottata fideisticamente dalla dirigenza romanista, si rovescia anch’essa, con l’infermeria romanista dalla quale esala un più realistico “col tempo tutti si rompono”.
Neppure il tempo di gioire per il ritrovato Capitano, che ci si rompe pure Aquilani, e quando non li rompono le nazionali (il riferimento a Juan è assolutamente voluto) ci pensano i compagni a scrocialli pe’ settimane.
E allora?
S’ammazzamio cor gasse?
Dice il Grande Lappone che st’atteggiamento de continua critica sempre e comunque è tradizionalmente d’appartenenza de chi a Roma è sgradito e cià li colori der Pescara.
E forse ha ragione lui.
Perché piagne è un modo come un altro per subire gli eventi.
E forse addirittura pe’ tirasse la malasorte.
Però, per compensazione, anche i nostri dovrebbero falla finita de fa proclami de svolte e de partite decisive ad ogni appuntamento. Perché anche quello è un modo pe’ attirasse l’ira divina.
Io m’accontenterei de annà avanti metro a metro, punto a punto.
Abolendo, con buona pace de chi ce campa, conferenze stampa, pre e post partita.
Soffrendo e imprecando, ma avanzando.
Mi riterrei soddisfatto se la squadra e la società s’impadronissero di questa filosofia da legione romana in marcia, in cui più che l’obiettivo che devi raggiungere, conta il prossimo passo che devi fare.
Visto che pei miracoli da ste parti nun semo attrezzati.
Considerando che il deus ex machina che arriva e mette a posto tutto è appannaggio della tragedia greca, e quindi lazziale.
Adottiamo il latinissimo festina lente, quell’affrettati lentamente apparentemente contraddittorio di chi fa il passo lungo quanto la propria gamba.
Andiamo avanti a testuggine.
Tifando ovunque, comunque, dovunque.
Usque ad finem, fino alla fine.
Festina lente, come la tartaruga.
Vedessi mai che, come nel paradosso di Zenone, arivamio prima.