mercoledì, Ottobre 02, 2024 Anno XXI


Era, da ragazzi il gioco della parola più lunga della lingua Italiana. Ce l’aveva regalata Dante “Chi troppo in alto sal, cade sovente, precipitevolissimevolmente”.

Ora è la velocità con cui la Roma affronta la fine di questo suo ciclo, pensando che si possa sempre e comunque replicare il “miracolo” del cavare il sangue dalle rape, una volta che si è scoperto il trucco.

Purtroppo così non è.

Lo è stato, anche per un lungo e felice periodo ma oggi quell’alchimia, nel senso letterale della parola, non riesce più.

In qualsiasi società normale, con una conduzione normale, si sarebbe data una sferzata all’ambiente scaricando il tecnico e prendendo un cristiano in grado di far quadrato e di portare la stagione fino alla fine senza troppi guai per poi smobilitare, scaricare zavorra, e c’è ne è tanta, e provare ad impostare un altro ciclo.

Per fare questo evidentemente però bisogna essere in grado di assumere responsabilità pesanti e dirette, bisogna saper parlar chiaro, ed avere un piano industriale, qualsiasi esso sia.

L’incapacità della società ad affrontare un processo seguendo le banali regole della buona conduzione delle imprese e fin troppo smaccata.

Siamo ancora dentro alla CL, ancora per quanto non si sa, e probabilmente si attende l’epilogo di quel film per prendere una decisione definitiva. Ma la situazione è fortemente a rischio.

Perché le necessità della AS Roma travalicano il mero orizzonte tecnico.

Superata definitivamente la fase della Roma maramalda ed efficacemente bella, è fin troppo chiaro che la squadra non riesce ad essere qualche altra cosa. Anche oggi ha mostrato di non essere in grado di ragionare in maniera sparagnina e continua a presentarsi all’impostazione della gara come se non fosse chiaro che almeno mezza rosa è tremendamente inadeguata per questioni di condizione, di testa e, non ultime, anche tecniche.

Qui non si tratta di continuare a pregare il Padreterno che ci rimandi indietro un Soros, perché nel gratta e vinci Romanista, stacchi il tagliando del magnate ungherese e, raschia raschia, c’è il rischio che ti trovi in casa il Tacopina di turno.

Se famiglia Sensi dovrà essere, che famiglia Sensi sia, soprattutto per mancanza evidente di alternative, ma si smetta in maniera definitiva con i voli pindarici alla vorrei ma non posso.

Si richiamino a Roma, per quello che è possibile, quei giocatori che abbiamo mandato in giro per l’Italia e si riparta da un tetto di ingaggi serio, valido per tutti, e che consenta di monetizzare il campione che cresce in casa e che è appetito sul mercato dandolo via al momento opportuno.

Ma così non si vince nulla, obietterà qualcuno. Forse è vero, ma ogni successo romanista è stato prima o poi pagato con una catastrofe economica.

A noi piace pensare che la Roma abbia la possibilità di riaprire un ciclo che debba partire da alcuni semplici punti fermi. E a poco serve ricordare ad ogni piè sospinto che questo è un paese nel quale i poteri forti la fanno da padrone e dove gli intrecci familiari o di interessi finiscono per prevalere sull’onestà e la correttezza gestionale.

Moratti c’ha la SARAS, Berlusconi c’ha Mediaset (e magari c’avesse solo quella), Della Valle c’ha intrecci con i salotti buoni della finanza (che però sembrano non fruttare più di tanto, almeno per ora), la Juventus c’ha la FIAT. E allora?

Questo sono dati di fatto.

Per noi l’importante è che non si sposi la filosofia del “tutto è bono purchè si vinca”.

Utopia per utopia, per esempio, dopo che gli incantaburini c’hanno propinato la cazzata dell’azionariato popolare, perché non rispolverare il vecchio sogno della AS Roma in guisa dell’Atletico Bilbao?

Una squadra di giocatori romani o cresciuti nel vivaio, possibilmente romanisti, con i quali andare avanti per la nostra strada di pulizia e correttezza? Riflettiamoci.

In fin dei conti è meglio fare figure di merda per inadeguatezza tecnica che per stare dietro ai capricci di quattro mercenari di dubbia fede. Se dobbiamo ripartire da qualcosa proviamo a ripartire da qui.

Chi ha altre proposte percorribili, che non siano quelle di doversi iscrivere al campionato del Burkina Faso, si faccia pure avanti.

Ad maiora