venerdì, Ottobre 04, 2024 Anno XXI


Non me ne vogliano gli amanti di Stefano Benni se uso, senza alcuna effettiva relazione con il bellissimo testo dell’autore bolognese, questa espressione che mi appare, nella sua stessa enunciazione, la migliore descrizione dell’attuale condizione della Roma di Spalletti.Cos’altro sono, infatti, i giocatori della Roma se non comici spaventati guerrieri?

Comici, perché c’è qualcosa di involontariamente comico in una squadra che, dopo aver trovato il vantaggio nei primissimi minuti, smarrisce progressivamente i più elementari riferimenti tattici e tecnici, con due gol frutto di errori grotteschi, e poi riacciuffa il pareggio nei minuti finali con un autogol, anzi, con un autogollonzo. E poi non c’è che dire, la Roma contro lo Sporting ha fatto veramente ridere.

Spaventati, perché il sentimento che traspare dal collettivo e dalle giocate individuali è di vero e proprio terrore, della palla, dell’avversario, forse anche dei moscerini che svolazzano in campo.

Guerrieri, perché ogni prova incolore è preceduta da dichiarazioni alla stampa ricche di propositi bellicosi, salvo poi sbracare non appena toccato il manto verde. La Roma sempre più spesso prende le sembianze di quel bulletto che dopo aver rimediato la classica sveja dice agli amici: quante me ne ha date, ma quante gliene ho dette.
Di chi è la colpa di questo?
La risposta più scontata è che sia dei giocatori.
Sono loro che vanno in campo e che giocano la partita.
Però non si possono ignorare le responsabilità della guida tecnica.
E’ difficile imputare alla prestazione dei singoli per quanto sotto tono la totale perdita di personalità di tutta la squadra, senza eccezioni degne di nota.

I continui errori di posizione, il consegnarsi all’avversario, l’atteggiamento insicuro e remissivo in ogni circostanza, i cali di concentrazione, non sono solo frutto di errori individuali, sono la naturale conseguenza dell’errata predisposizione alla partita e curare questa predisposizione è il primo compito dell’allenatore.
Ho sentito Spalletti dare ogni volta una giustificazione diversa a questa condizione tremebonda della squadra al punto tale da credere che siano parole buttate lì per l’interlocutore di turno, senza troppa convinzione.
A meno che anche il Mister non abbia la più pallida idea di cosa stia realmente accadendo alla sua creatura.
A meno che in questo momento non ci sia affatto guida tecnica, perché la squadra sembra veramente allo sbando.
Sospetto, questo, avvalorato dalla mimica del Mister durante la partita, da gesti e parole che rivelano un atteggiamento del tecnico di Certaldo di contrarietà e insieme di candido stupore per il comportamento in campo dei suoi.

Non mi appare quindi blasfemo invocare l’intervento di Bruno Conti perché eserciti con fermezza il suo ruolo di Responsabile Tecnico dell’AS Roma.

Bruno Conti non era a Lisbona a sostenere i suoi, ma a Cuccaro Monferrato per rendere a Nils Liedholm, il Barone, quell’omaggio che tutti noi vorremmo tributargli di persona.

Abbiamo tutti sperato che la Roma celebrasse il Barone con una prova gagliarda.

Non credevamo di doverlo rimpiangere come non mai.

Addio Barone, è amaro dirtelo, ma ancora non abbiamo trovato chi ti possa sostituire degnamente.
A Lisbona, con te in panca, ne avremmo fatti quattro e tu, con signorile eleganza, avresti risposto che lo Sporting era una squadra fortissima, la più forte del girone, e che aveva jogato benissimo.