mercoledì, Ottobre 02, 2024 Anno XXI


Autore: Marco “Elvis”

Appena nato ti fanno sentire piccolo
non ti danno il tempo, invece di dartelo tutto
finché il dolore si fa così grande
che non senti proprio niente
bisogna essere un eroe della classe operaia
bisogna essere un eroe della classe operaia

Comincia così una famosa canzone di John Lennon.
Bisogna essere un eroe della classe operaia.
Ascoltando la canzone questa mattina mi è venuta in mente la Roma.
La Roma operaia e testaccina, piena di eroi, che mi ha fatto gonfiare il petto d’orgoglio negli ultimi anni. La Roma fatta di operai con la voglia di essere eroi, la Roma fatta di operai che hanno compiuto gesta eroiche.
E allora mi sono tornate alla mente tante sensazioni, tanti ricordi che questa Roma mi ha regalato negli ultimi anni.
Avevamo toccato il fondo. Un golletto del nano brufoloso a Bergamo e una derby indegno ci avevano evitato una retrocessione inimmaginabile fino a poche settimane prima.
Avevamo iniziato con Ave Cesare, ed eravamo finiti con Bruno Conti in panca a dare coraggio ad un manipolo di ragazzini.
Poi era arrivato lui. Il duce di Certaldo. Quello dei ‘omportamenti e delle situazioni giuste.
L’ho rispettato, l’ho ammirato ed ho ammirato il suo lavoro. E il suo lavoro mi ha regalato queste emozioni:

• 11 vittorie consecutive fatte da una squadra onesta e modesta, un record battuto l’anno successivo dall’ambrosiana in uno dei campionati più tarocchi della storia del calcio;
• un capitano gravemente infortunato ed una squadra che vinceva per lui.
• Un derby vinto 2-0 con il capitano con l’arto offeso in panca a saltare come un ragazzino.
• I baci di tutta la squadra ad un presidente malato e commosso in tribuna.
• Un gruppo di ragazzi che la sera va a citofonare al capitano e gli porta la pizza a casa.
• Gli schiaffi in testa al calciatore che segnava un gol.
• La vittoria a Torino, sotto la neve, contro la Juve in rimonta su punizione e rigore.
• Il pareggio a Torino con Karjha
• La vittoria di Lione, contro una squadra accreditata per la vittoria finale.
• La vittoria col Manchester, ottenuta con la tigna (il ritorno in terra d’Albione l’ho dimenticato)
• La vittoria a Madrid
• Le vittorie a Milano, tante… su un campo storicamente ostile.
• Il Popporoppopoppopooooooo che mezzo mondo ci ha rubato.
• Tanti gol, belli, tutti belli.
• E il miglior attacco.
• E la Coppa di Lega alzata a Milano.
• E le Coppe Italia, 2, una delle quali sollevata a Milano di fronte e loro…. Che avevano sperato in una rimonta. E quel cornetto algida consumato insieme a Big Luc e allo Sciamano sugli spalti del Meazza, nel timore che quella rimonta potesse compiersi.
• E perché no, la coppa disciplina, che non conta niente, ma è un metro valutativo della bontà del lavoro della società.
• E quante altre cose? Forse Fila60 potrebbe aiutarmi…. In ogni caso si tratta di ricordi indelebili nel mio cuore.

E poi?
Poi è successo qualcosa. Qualcosa che i frequentatori del muro che masticano calcio più di me potranno, forse, spiegare. Io non sono in grado di farlo, però ho una mia teoria.

Qualcuno ha creduto davvero che la Roma fosse la squadra più forte del mondo. E forse questo è vero in una partita secca. Nel lungo termine, però, pagano i soldi investiti e le rose a disposizione.
Se poi non dovessero bastare questi ingredienti, si potrebbe sempre ricorrere agli arbitri.

L’anno scorso siamo stati campioni d‘Italia per mezz’ora. Qualcuno sostiene che l’ambrosiana aveva accumulato un congruo vantaggio “illegalmente”; qualcun altro sostiene che i pareggi di Firenze e di Empoli, quello in casa con la Juve, o il derby perso con il gol dell’albanese abbiano pregiudicato la stagione della Roma. Forse potremmo aggiungere il rocambolesco 4-4 col Napoli, fino alla punizione di Diamanti. Ma al di là di tutto rimangono gli 82 (dico 82) punti conquistati da una squadra che ha incantato per tutta la stagione.
Già da allora quelli che la sanno lunga avevano capito che il problema era il CDP, e soprattutto le formichine che popolano la porzione di prato antistante la sua panchina che il nostro sembra ammirare e contare durante i 90 minuti. Può darsi.
Questo spiegherebbe, almeno in parte, l’incapacità di cambiare in corsa, oppure di adeguare il modulo della squadra in base ai giocatori a disposizione.
Ma certamente non spiegherebbe la situazione attuale.

Allora il tifoso innamorato della Roma come me, che pur non andando allo stadio questa sera si metterà davanti alla televisione per assistere all’ennesima disfatta, non può esimersi dal chiedersi:
ma che gli prende a quella massa di invertebrati eunuchi?
E non mi accontento delle spiegazioni fumose legate alla preparazione, agli infortuni o all’aspetto psicologico.

C’è del marcio a Trigoria? Può darsi.
Perdonatemi se dico delle ovvietà, ma non ho il piacere di ascoltare la radio durante il giorno, e tanto meno il tempo di assistere a conferenze stampa e “comprendere” d’istinto cosa accade. L’unica fonte di informazioni attendibile di cui dispongo è CdR. E a CdR desidero esporre le mie teorie.

La Roma, la mia Roma, ha una potenza economica e tecnica che le consente, al massimo, di competere per le piazze d’onore. Non ha, e lo sappiamo, né i soldi né i giocatori per garantirsi una stagione intera ad altissimo livello. Tralasciamo per il momento la variabile “peso politico”.
La Roma ha dei calciatori adeguati al raggiungimento di tali obiettivi, e pagati di conseguenza. Se fossero fenomeni non giocherebbero con noi semplicemente perché non potremmo pagarli a causa delle ferree leggi della concorrenza economica. I pochi fenomeni (o pseudo fenomeni) che avevamo hanno fatto di tutto per approdare a lidi ed ingaggi migliori.
Posto ciò, mi permetto di dire che il CDP che abbiamo è anch’egli adeguato ai predetti obiettivi.
Anche in questo caso, i Mourinho e tutti gli altri special ones difficilmente verrebbero nella capitale sapendo di non poter contare su un paio di centinaia di milioni per il mercato.
Qualcuno argomenterà che ormai il gioco del nostro Duce è stato “sgamato”. Falso: è lo stesso che praticava con l’Udinese, e che ha praticato per 3 anni buoni a Roma. E ha funzionato! Certo, magari Delio il tattico spesso ce la incarta, ma nella stessa stagione riesci a produrre un gioco esaltante.
Comunque lo “sputtanamento” degli schemi spallettiani non serve a giustificare la debacle alla quale stiamo assistendo. Provo ad analizzare le 3 componenti della AsRoma attuale: società, tecnico, giocatori:

Società: manca papà Franco, il suo carisma e la sua forza, ma bisogna ammettere che comunque negli ultimi anni la malattia l’aveva talmente fiaccato da impedirgli di essere presente come voleva. Per il resto la società è rimasta la stessa, composta da un presidente donna e da alcuni dirigenti giovani i quali, nel triennio appena trascorso, dovrebbero aver maturato esperienza, e dunque dovrebbero essere migliorati e non il contrario. Quando non è stato possibile fare mercato abbiamo agito con oculatezza prendendo onesti parametri zero; quando c’erano 4 soldi abbiamo agito con scaltrezza ricorrendo a comproprietà e prestiti, quest’anno che di soldi ne abbiamo spesi almeno 8 abbiamo fatto un disastro? Manca un centravanti, è vero. Ma mancava anche quando avevamo il miglior attacco del campionato.
Tecnico: è lo stesso da 3 anni, non cambia modulo ed è capoccione come solo i toscani sanno essere. Inoltre ha la pretesa di insegnare i ‘omportamenti e si permette di salutare (ma che diavolo gli è saltato in mente?) i tifosi meneghini sullo 0-4. Ma negli ultimi 3 anni ha trasformato un manipolo di operai sfiduciati in un gruppo di eroi (working class hero). Ora si è rincitrullito?
Giocatori: vanno e vengono, ma lo zoccolo duro è quello. Qualcuno ha fatto creder loro di essere dei fenomeni che giocano negli harlem globetrotters; e loro giustamente (?) sono passati alla cassa a riscuotere tutto questo credito. Se sono un fenomeno perché devo sudare in allenamento, si saranno chiesto alcuni; se sono un fenomeno perché non posso guadagnare il triplo, gli avranno risposto altri. E siamo all’epilogo della storia.

Con i 22 piedi che scendono in campo ogni domenica non siamo in grado di primeggiare, ma possiamo giocarcela con tutti. Gli 11 cervelli cui appartengono i 22 piedi, invece, penseranno di essere sprecati per una società che non può ambire a grandi traguardi. Vuoi mettere la soddisfazione professionale di vincere uno scudo a Milano stando seduti in panca (Chivu e Mancini) per 5 milioni netti a stagione? Per non parlare poi del piacere incommensurabile di prendersi la tintarella nella solare Torino, salvo capire che c’è più sole a Milano
Siamo di fronte ad un muro, ed occorre un segnale.

1 – vendere la società pregando che non arrivi un mafioso russo, uno speculatore americano o un faccendiere nostrano, ma sperando nel messìa pieno di quattrini ed innamorato della Roma.

2 – licenziare il tecnico adottando una soluzione ponte (santi numi, ma chi?) per riparlarne l’anno prossimo (si, ma con chi?)

3 – fare chiarezza ed eliminare le mele bacate. Mettere fuori rosa chi rema contro. Emarginare chi non crede nel gruppo. E mandare in campo 11 operai con la voglia di diventare ancora eroi.

In fondo il tifoso romanista cosa chiede ai suoi eroi? Di vincere trofei a costo di scandali, doping e intrallazzi? NO. Chiede loro semplicemente di onorare la maglia. Di essere eroi per 90 minuti, a Milano, Madrid e Lione. Il tifoso chiede umilmente di potersi sentire un eroe anche lui per un giorno. Nulla di più.
Mi piacerebbe la Roma autarchica in stile Atletico Bilbao. Per averla mi bastano Cerci, Curci, Pepe, Bovo e Galoppa. Non mi servono Baptista, Doni, Cicinho, Riise e Menez.
E per questa Roma il Dice di Certaldo va più che bene.

WORKING CLASS HERO IS SOMETHING TO BE