lunedì, Settembre 23, 2024 Anno XXI


Caro Agostino, quando eravamo bambini, fra noi possiamo dircelo, non ci eravamo reciprocamente tanto simpatici. Si sa, quando due pischelletti hanno caratteri simili e caratterini niente male, finiscono per voler primeggiare in tutto: a scuola, nei giochi, quando si tirano calci ad un pallone. La tua squadra, poi, era un’accozzaglia di pippe: soltanto tu sapevi giocare e quando, nelle infinite partite (dall’alba al tramonto) al prato delle cave, lì dietro a piazza Lante, noi di Tormarancio vi seppellivamo di gol in quelle porte fatte coi sassi, non ci volevi stare mai.

Poi però, quando siamo andati al Nagc (le scuole di calcio allora si chiamavano così) dell’Omi, al campo Nistri, allora le cose si rovesciarono. E tutti noi dovevamo rimirare, torvi e anche un po’ invidiosi, le tue evoluzioni magiche, quelle traiettorie della palla imprendibili e precise di quel moretto che, primo semestre ’55. giocava con noi del ’53. E che era il migliore di tutti. Per non parlare della partita che facemmo fra rappresentative dei due professori di educazione fisica della scuola media “Enrico de Nicola”, arbitrata dal fischietto internazionale Alessandro D’Agostini, con il campo Nistri pieno di ragazzine e ragazzini, quando tu e Marco Lupi da soli vinceste quella sfida epica: 4-1, un’umiliazione clamorosa.

Logico, quindi, che tu andasti a percorrere la strada che tutti noi avremmo voluto percorrere: andasti alla Roma. Diventasti così il nostro orgoglio: uno di noi che ce l’aveva fatta! E allora venivamo in tanti a vederti giocare, capitano di quella Primavera della Roma che fu anche campione d’Italia.

Durante le vacanze per la Pasqua del 1973, correndo dietro alla voglia di avventura dei ragazzi di allora, organizzammo un viaggio in Austria, a Vienna e dintorni. Quindi, per quella domenica, noi niente Roma. Una Roma affidata da poco a Trebiciani, dopo l’esonero di Helenio Herrera, e che stenta assai: ha 20 punti, la zona retrocessione è purtroppo vicina, in programma c’è la trasferta a Milano contro l’Inter. E, come se non bastasse, la squadra è decimata dagli infortuni. Indisponibili sono Santarini, Cappellini e Ciccio Cordova. HH, nel corso dell’anno in polemica con Cordova, avrebbe voluto provare proprio te, Agostino, nel ruolo di “regista” al posto del napoletano. Ciccio questo non lo ha mai scordato, non gli starai mai troppo simpatico. Comunque adesso è proprio Trebiciani, che ti definisce “il Rivera della Roma”,  a volerti titolare: esordire nella Roma a 18 anni, roba da far tremare le vene ai polsi per uno di noi. Ma non per uno come te.

Dunque, il 22 aprile 1973 vai a San Siro. L’Inter di Enea Masiero ti pone davanti: Bordon; Oriali, Facchetti; Bedin, Giubertoni, Burgnich; Massa, Mazzola, Boninsegna, Magistrelli (Moro dal 62’), Corso. Tu hai il numero 11 e giochi insieme a Ginulfi; Peccenini, Scaratti; Salvori, Bertini, Bet; Morini, Franzot, Orazi, Spadoni e, appunto, Di Bartolomei. Arbitra “Tutankamon” Gonella di Torino.

La partita per la Roma è prettamente difensiva, un punto basta e avanza a Milano. Nel folto del centrocampo romanista, ti piazzi al centro a rintuzzare i tentativi offensivi dei nerazzurri e rilanciare preciso per Orazi e Spadoni. E proprio su un tuo millimetrico lancio, Valerio Spadoni ha la palla buona per il vantaggio, ma purtroppo la sbaglia. Va bene lo stesso, il risultato ad occhiali era quel che andavate cercando a Milano per puntellare una classifica che può farsi minacciosa.E a fine partita corri felice ad abbracciare Albertone Ginulfi e Torrimpietra Scaratti (foto). Poi, negli spogliatoi, i giornalisti vengono a chiederti le tue impressioni, pensando magari di trovarsi di fronte uno spaurito diciottenne, ancora in preda all’emozione da debutto.

Hanno sbagliato, tu gli dai una risposta alla Agostino Di Bartolomei, fatta di saggezza, sicurezza dei propri mezzi, ambizioni per il futuro: “Tutti dicevano che non sarei stato adatto per questa partita, credo invece di essermela cavata bene. Giocare a San Siro non mi ha creato alcuna emozione, sono solo un po’ stanco per il gran correre…Dicono che il mio stile di gioco abbia molti punti di contatto con Rivera, Cordova, De Sisti. Beh, loro sono grandi campioni, magari arrivare dove sono arrivati loro. Ma io ho le mie caratteristiche e le mie qualità tecniche. Preferisco venir fuori coi miei vestiti”.

E che vestiti, che stoffa hai mostrato in tutti gli anni giocati con la Roma! No, da bambini non ci eravamo reciprocamente simpatici, ma tu sei stato  e sarai sempre il capitano della mia Roma, quello che ha vinto lo scudetto con la Roma, uno di noi che ce l’ha fatta.