mercoledì, Settembre 25, 2024 Anno XXI


Certi amori non finiscono, fanno dei giri immensi e poi ritornano. Basterebbe
questo per descrivere Torino-Roma. A volte la semplicità del linguaggio sta
nella leggerezza dell’essere, nella canzone di un poeta, nello striscione di un
ultrà. Era il 16 maggio 2010 quando la Curva sud di Verona all’ultima giornata
espose la scritta : “To be continued”, ieri 14 aprile 2013, “ariecchicè”. Tre
anni fa saranno stati (oppure eravamo) ventimila nella terra di Giulietta e
Romeo, più di mille giorni fa, di una storia d’amore tra due fidanzati
interrotta da qualcuno di più grande, più della Canzone di Baglioni (uno non a
caso romanista) di un mille giorni di me e di te fermato in modalità pausa di
una canzone troppo vera da ascoltare. Ieri si è ripartiti in ottocento,
mercoledi saranno duemila, questione di zeri, piano-pjanic. Ieri ha vinto la
Roma come quasi sempre la Roma nella sua storia ha vinto in trasferta,
soffrendo, con la tigna, mangiandosi il goal dell’eventuale 1-3 a due
centimetri dalla linea di porta, da Florenzi a Florenzi, come un viaggio andata-
ritorno da porta a porta e rischiando in inferiorità numerica di prendere la
rete del pareggio beffardo Invece no, perché non c’era differenza di numero in
campo. E’ vero che si è rimasti in dieci, con l’espulsione sacrosanta del
cugino brutto di Balzaretti, ma era solo un’ apparenza, perché ieri quell’uno è
stato sostituito dalla parete di ultràs che ricopriva il settore giallorosso
del Comunale di Torino, come il Muro di Berlino emigrato dalla Germania,
ricostruito dopo tre anni, che si è eretto sulla linea di porta nel momento in
cui il Toro andava preso per le corna, perché quando la Roma chiede la Curva
risponde. Adesso dopo aver apprezzato la perla del Coco-pops Lamela e ritrovato
la rete del Jhonny Deep dei noantri, tutti a San Siro, dove mercoledi sera la
squadra di Andreazzoli dovrà affrontare una delle partite più machiavelliche
della sua storia, perché un’ Inter incerottata, triste e perseguitata a casa
loro è il peggior nemico di tutti. Però da ieri in lontananza, se si tende l’
orecchio,echeggia nell’aria un suono che vien dal Piave, che tracima come il
mare e che canta: “non c’è stadio che non ci vedrà, non c’ è gruppo che ci
affronterà, siam tornati forti più di prima,sul cuore la lupa capitolina”. D’
altronde è risaputo, certi amori fanno dei giri immensi e poi ritornano o forse
non sono mai andati via perché si sono solo guardati e cercati da lontano,
questione di prospettive.
Filiberto Marino