mercoledì, Settembre 25, 2024 Anno XXI


Il loro suono annunciava alla città l’arrivo dei bombardieri Delle 51 ufficiali, installate negli anni ’30 e ’40, ne rimangono 23

Lanciavano l’allarme per l’arrivo dei bombardieri sul cielo di Roma durante la seconda guerra mondiale. Ma oggi l’allarme è tutto per loro. È lo strano caso delle antiche sirene del sistema antiaereo, che sopravvivono dimenticate sui tetti dei palazzi privati e degli edifici istituzionali più alti di Roma, nella stessa originaria posizione in cui vennero montate oltre settant’anni fa in pieno conflitto bellico. Cimeli storici dalla forma a fungo, che qualche portiere liquida come «ferri vecchi» da buttare, e che corrono il rischio di essere rottamati e perduti per sempre. A minacciarli sono i lavori di ristrutturazione delle coperture degli edifici, ma soprattutto le installazioni delle moderne antenne, cui fanno gola proprio le terrazze più vertiginose della Capitale.

TRALICCI E PARABOLE
Ad insidiare quelle che gli esperti considerano preziose testimonianze storiche e tecnologiche, sono i tanti tralicci per le moderne antenne della telefonia, compresi gli impianti delle parabole. In alcuni casi le sirene sono state demolite o smontate per far posto alle nuove strutture hi tech dell’etere, ma molto spesso le antenne del ventunesimo secolo si aggrappano direttamente al «corpo» a fungo della sirena, mettendo a dura prova la loro resistenza di «ferri» arrugginiti. Anche perché quattordici lustri alla mercé del tempo e del maltempo hanno lasciato i loro segni. L’ultimo caso eclatante è quello della sirena dell’edificio di viale XXI Aprile, che oggi fa da perno a grappoli di parabole. A lanciare l’Sos per questi singolari reperti della memoria di Roma è il Centro ricerche speleo archeologiche Sotterranei di Roma, presieduto da Marco Placidi, che ha intrapreso un lavoro sistematico di mappatura finalizzato a mettere a punto un progetto di censimento complessivo di tutto questo patrimonio disseminato sui tetti della città. «Quando abbiamo iniziato la caccia al tesoro ci siamo accorti che diverse sirene erano state frettolosamente già rottamate o rischiavano di esserlo a breve – racconta Lorenzo Grassi di Sotterranei di Roma – Ce lo hanno raccontato i portieri degli stabili, spesso infastiditi da quei ferri vecchi. In altri casi, invece, le sirene erano state scalzate dalle terrazze più alte della città per far posto ai moderni tralicci delle antenne per i telefonini».
IL CENSIMENTO
«Così abbiamo pensato di lanciare un Sos per questi preziosi reperti – avverte Grassi – proponendo alla Sovrintendenza capitolina un censimento. L’obiettivo finale è di arrivare all’apposizione di un vincolo di salvaguardia come beni d’importanza storica». Dal canto suo la Sovrintendenza capitolina ha accolto il progetto. Si attende ora la convenzione. A lanciare l’idea era stato un esperimento di mappatura collettiva delle sirene, attraverso la raccolta di segnalazioni spontanee via web, promosso dal giornalista Mario Tedeschini-Lalli. L’associazione Sotterranei di Roma ha proseguito negli ultimi mesi con uno studio mirato sulle carte dell’Archivio centrale dello Stato, dove è stato ricostruito tutto il sistema di allarme antiaereo. Tra la fine degli anni ’30 e gli anni ’40 venivano installate un centinaio di sirene per la diffusione dell’allarme antiaereo, tutte collegate da «catenarie», e azionate da un comando centralizzato nei sotterranei del Viminale.

I TETTI FAMOSI
Svettavano su edifici pubblici come Castel Sant’Angelo, Trinità dei Monti, Porta Pia, Ministero per la Pubblica istruzione, Grazia e Giustizia, Istituto superiore di sanità, e su palazzi privati. I documenti d’archivio ne indicavano 51 ufficiali, ma allo stato attuale del censimento solo 23 risultano ancora presenti. Dai Parioli, al quartiere Trieste. Due risultano traslocate: «Ce n’era una sulla caserma dei vigili del fuoco di via Marmorata che è custodita oggi nel museo storico dei vigili, l’altra stava sul tetto di una scuola di Monteverde, che è finita al Museo della stazione di Colonna». Il rischio di perderle per sempre è alto. «Se proprio il condominio vuole buttarle, almeno ce le affidino», rivendica Grassi. Il passo successivo è il museo.