giovedì, Ottobre 03, 2024 Anno XXI


La notte cade su di noi
la pioggia cade su di noi
la gente non sorride più
vediamo un mondo vecchio che
ci sta crollando addosso ormai…
ma che colpa abbiamo noi?Sarà una bella società
fondata sulla libertà
però spiegateci perché
se non pensiamo come voi
ci disprezzate… come mai?
Ma che colpa abbiamo noi?

E se noi non siamo come voi…
e se noi non siamo come voi…
e se noi non siamo come voi…
una ragione forse c’è
e se non la sapete voi…
e se non la sapete voi
ma che colpa abbiamo noi?
Che colpa abbiamo noi?
Nel 1965, quaranta anni fa, Shel Shapiro e i Rokes cantavano questa canzone, cover di un altro grande successo, che oggi potrebbe essere assunta come inno della Roma.
Come la famosa vecchia che non voleva mai morire perché aveva sempre qualcosa da imparare, ci troviamo oggi basiti a dover parlare, quasi giustificandoci, di una partita vinta sette a zero e dei comportamenti del nostro trainer. La Roma e il suo entourage trascinato ancora una volta al centro dell’attenzione, oltre che dalla grancassa nordista, anche da una serie di interventi in alcune trasmissioni radiofoniche romane di cui, onestamente, se ne sarebbe fatto volentieri a meno.
La cosa strana e che non moltissimo tempo è passato da un derby milanese finito sei a zero in cui nessuno si sogno di sollevare alcuna questione. Se le affermazioni dei vari Mosca, Graziani, Mazzone, Pulvirenti e Lo Monaco (l’AD del Catania) fossero state fatte in epoche diverse e applicate ad altri sport, l’Italia avrebbe dovuto dichiarare guerra alla Nuova Zelanda nel 1999, dopo che la nostra nazionale era stata sconfitta in un match di rugby per, udite udite, 101 a 3.
Ma si sa che che il rugby è un’altra cosa. Quello è uno sport, il calcio oramai è diventato un ricettacolo di sozzoni.
Maurizio Mosca, ex giornalista, ha definito il comportamento della Roma “diseducativo”. Sono parole forti, soprattutto se proferite da uno che fu sputtanato in diretta televisiva da Zico che lo accusò di aver inventato di sana pianta un’intervista che il calciatore brasiliano non aveva mai rilasciato e che in seguito a questi e altri episodi ha dovuto smettere di fare il giornalista per fare l’opinionista.
Per non parlare di Ciccio Graziani, che oramai lanciato nel mondo dello spettacolo televisivo (Ciccio meglio cento volte al Circo), non si fa mancare nulla affermando che il Barone non avrebbe fatto così, portando a suffragio un cinque a uno rifilato al Napoli. Il problema che la Roma non è il Cervia e che Spalletti non è Graziani.
E poi, di grazia, può essere credibile uno che prendeva le imboccate da Moggi prima di intervenire in TV a Controcampo?
E come se non bastasse, e questo non c’entra nulla con il sette a zero, dobbiamo anche sopportare gli interventi di Platinì che dice che Totti “potrebbe anche essere paragonato a Ronaldhino, ma per un secondo, peccato che la partita duri altri 89 minuti e 59.”
Beh, difficile aspettarsi qualcosa di diverso da una palese cazzata come questa da uno che ha festeggiato una Coppa Campioni regalata senza tenere conto del lutto enorme che si era abbattuto sul popolo dei suoi tifosi.
Quello che ci dispiace di più è che un uomo simile fosse considerato e stimato da un personaggio come Gianni Agnelli che, volere o volare, è stato un riferimento per decenni nella nostra nazione.
Se la stima di quell’uomo andava a delle teste di pera simili, si capisce come mai il nostro paese abbia fatto la fine che ha fatto. E soprattutto si giustifica sempre di più il detto che vede preferibile un giorno da lupi che cento da Agnelli.

Ad maiora