sabato, Settembre 21, 2024 Anno XXI


da romanews.eu

Ecco l’intervista integrale trasmessa da Roma Channel al direttore sportivo giallorosso Walter Sabatini.

Walter SabatiniLa lieta notizia del rinnovo del contratto, è un inedito per la sua carriera…
“Mi ha fatto molto piacere, è un inedito per le mie abitudini, ma era inevitabile perché Pallotta tiene molto al suo gruppo di lavoro, lo vorrebbe unito e coeso per molto tempo e io ho voluto assecondarlo. Poi c’è anche un’altra motivazione decisiva, ovvero che farei fatica a vedermi altrove, penso che la Roma sia la mia tappa finale, non voglio pensare ad un’altra squadra”.

Cosa l’ha convinta?
“La Roma è un progetto quotidiano, fatto di lavoro e idee. Mi ha convinto questo progetto che stiamo portando avanti per una grande squadra e una grande città, tutti i giorni sviluppiamo un unico progetto. Porterò questa squadra a livelli molto alti e l’obbiettivo è che ci rimanga. E’ il motivo per cui faccio questo mestiere”.

Questa è la Roma figlia dei primi due anni?
“I primi due anni sono stati etichettati come fallimentari senza rivendicazioni particolari, in un giorno non si crea nulla, di quei due anni si racconta soltanto delle sconfitte e delle figura negativa di Baldini. Io cercherei di ripristinare la verità, Baldini mi ha portato qui e lo ringrazio. Ha fatto cose importanti e abbiamo lavorato bene insieme, è stato parte di quelli che sono stati chiamati due anni di insuccessi e che io invece chiamo buoni risultati, seppur migliorabili”.

Roma anti Juventus: lo pensava ad inizio anno?
“Sì. Magari non immaginavo che i punti di queste prime 26 giornate sarebbero stati gli stessi della Juve scudettata dello scorso anno. All’epoca non avrei potuto dire che avremmo conseguito un risultato parziale del genere, però la squadra è forte ed era una speranza concreta. Vedevo questi calciatori come un gruppo di persone che si era riunita a tavola per svuotare le tasche e mettere tutto a disposizione degli altri. Ma questo non basta, hanno anche tanta qualità”.

Giusto il distacco tra le due squadre?
“Trovo giusto tutto ciò che succede nel calcio. La Juventus è un pochino più fortunata di noi ad oggi, però dobbiamo riconoscerle grandi meriti. Il campionato è ancora in corso e vogliamo difendere la seconda posizione, lo vogliono tutti e sappiamo che non è finita neanche per il primo posto”.

Sugli errori arbitrali:
“Riguardando le cose la domenica sera qualche rammarico c’è. Parlavo di fortuna cosmica, ma mi riferivo anche alle decisioni, anche se non ne farei un discorso primario. Noi dobbiamo vincere tutte le partite con le nostre risorse e sperare che gli altri rallentino”.

La squalifica a De Rossi
“Il fatto non sussiste, è il mio pensiero e lo difenderò sempre. Non sarà molto popolare, ma c’è una cognizione delle cose che riguarda la collettività, perché le cose gli vengono presentate in una certa maniera. Quello che ha fatto Daniele era un eccesso tattico, nella contromisura, perché quando c’è un grappolo di uomini sulla palla ferma si difende la posizione e si cerca di neutralizzare l’avversario. Lui lo ha fatto in maniera un po’ troppo vivace, ma non ha dato un pugno all’avversario, lo ha toccato con una mano sulla testa e poi con l’altra ha cercato di fargli perdere il passo. Non c’era cattiveria, solo una furbizia. Quando si dice che la squadra prende gol su palla in attiva i giocatori prendono contromisure, Daniele lo ha fatto in modo eccessivo, ma non c’è pugno. Nessuno lo ha visto perché non c’era, l’azione si sviluppa nel campo visivo dell’arbitro, percepisce che c’è stato qualcosa ma non vede perché non c’è il pugno. Mi è dispiaciuto perché, dal punto di vista mediatico, le televisioni determinano anche le decisioni, tra il primo e il secondo tempo si è subito invocato la prova televisiva. Per me è impropria, la prova tv si attua quando l’arbitro non vede. Subito dopo è stato sanzionato anche dal commissario tecnico e il terzo grado di giudizio lo ha fatto il Giudice sportivo, quando tutto era già stato determinato. L’ho vissuta male questa cosa, non c’è stata né dialettica, né contraddittorio, adesso siamo presenti con i nostri legali per il ricorso. Non penso mai ai complotti o quello che può essere interpretato alle spalle, però la Roma è quasi l’oggetto per applicare la cosiddetta condanna esemplare, una cosa sinistra. Si svuotano gli stadi, si fermano i giocatori. Né questa città e né questo club meritano questo trattamento”.

Sul codice etico:
“Questo riferimento l’ho già fatto. Credo che prima sarebbe stato convocato e poi alla luce della sanzione del Giudice Sportivo magari si sarebbe dato seguito al cosiddetto codice etico. Però se lui non lo convoca prima che venga stabilita la pena, ammesso che ci debba essere, è chiaro che la squalifica è inevitabile”.

Sulla chiusura delle curve:
“Il calcio è della gente, che ne gode e va a guardare. Se togli questa componente, annichilisci e uccidi il calcio, lo rendi scontato. E’ stato un paradosso, abbiamo riscontrato qualcosa bocciato dall’Alta Corte. E’ un danno incredibile per il calcio, non solo per la Roma. E’ stato uno spettacolo deprimente”.

Sulla scelta di Rudi Garcia:
“L’ho sempre seguito. Quando vedo una squadra che gioca bene chiedo chi sia l’allenatore, mi incuriosisco. Il discorso su Garcia parte da lontano, è stato uno dei candidati fra i 5-6 che avevamo in mente. Si è presentato con le sue idee e le parole giuste, alcune decisive. Si è subito integrato, ha colmato le distanze e dopo 10 giorni ha fatto una conferenza parlando come i grandi sanno fare. Gioca un calcio serio, ma leggero. I calciatori sono a proprio agio, lui infonde tranquillità e forza. Siamo contenti di averlo portato a Roma”.

Sui progressi della squadra?
“Mi ha impressionato l’orgoglio della squadra e la forza. Una squadra è forte quando vuol essere forte. Bisognava prenderne atto e trasferirlo sul campo, sono orgoglioso del fatto che l’allenatore abbia tradotto lo stato d’animo collettivo. La forza della Roma sta nell’autostima e nella fiducia tra i calciatori. Questo crea i meccanismi in campo con grande competitività. I ragazzi stanno facendo molto bene”.

Lei si innamora molto dei giocatori, a questo proposito che ci dice di Lamela?
“Sono innamorato della mia squadra, non dei calciatori. Quando approccio la partita guardo la prestazione dei calciatori, la vivo a 360 gradi. I miei calciatori sono sempre i migliori, lo pretendo. Vorrei che tutti si esprimessero compiutamente, con tutte le proprie qualità. Erik è fenomenale, fortissimo, è arrivato a Roma giovanissimo, con una caviglia gonfia, e si è subito inserito in una situazione non favorevole. Zeman lo ha portato in un percorso tecnico preciso, ha voluto inculcargli alcuni movimenti e ha fatto cose molte importanti. E’ stata una rinuncia per noi, ma abbiamo fatto le nostre scelte. E’ stato difficile per me e per tutti noi. Le difficoltà a Londra credo dipendano dalle difficoltà di un comunicare nell’immediato: lui gioca un altro calcio, non ha capito la squadra e la squadra non ha capito lui. Ha tutto il tempo per imporsi”.

Sul mercato:
“La squadra sarà possibilmente integrata, non cambierà molto. Ci sono delle aggiunte che dovranno essere fatte, sperando che il nostro margine di errore sia molto basso. Tutte le squadre sono costrette a fare mercato in uscita e in entrata, continuerà a farlo anche la Roma. L’anno scorso siamo andati oltre, ma abbiamo dovuto fare delle scelte significative. Oggi parliamo alla vigilia della gara più importante della stagione e i calciatori dovranno essere all’altezza di questa partita e delle prossime”

La situazione di Pjanic?
“Con Miralem stiamo discutendo del rinnovo. E’ una situazione difficile, ma la stiamo affrontando. Non ho minimamente pensato di mettere sul mercato Pjanic in cambio di una contropartita. Non ci saranno scambi per lui, ma ritengo rimarrà un giocatore della Roma”.

Destro?
“Rappresenta un investimento importante, per noi e un giocatore fortissimo. Neanche lui sa quanto può dare ancora e deve mettere a fuoco ancora alcuni suoi aspetti personali. Quando ci riuscirà, parleremo di uno dei primi attaccanti europei. Deve limare alcune spigolosità del suo carattere che a volte lo fanno rapportare in maniera sbagliata. Ma le sue qualità all’interno dell’area di rigore sono di primissimo livello”.

Quanto dovrà cambiare la Roma per affrontare la Champions?
“La Roma sarà integrata, arriveranno raddoppi di ruoli, incrementando l’unità, disputando auspicabilmente una terza competizione. Si sta creando uno zoccolo duro che dovrà diffondere attorno a sé un certo verbo calcistico. A oggi, parlando di un mercato plausibile, penso che, dovendo togliere un nostro giocatore per metterne un altro, farebbero tutti fatica. Sono molto geloso dei miei calciatori e mi dispiace quando vengono trattati male o abbattuti con voti che non trovano riscontro dentro il campo”.

E’ geloso della sua idea su Dodò?
“E’ un giocatore fortissimo e non mi interessa ciò che si dice. Tutte queste difficoltà nella fase difensiva io non le vedo, è partito da un infortunio, non c’è stata nei suoi confronti la pazienza che bisognerebbe avere con un talento. Prima spiegavo all’agente di Ljajic che bisogna prendere rischi, Adem deve prendere rischi, perché è un talento puro. Vorrei ci fosse più disponibilità verso i calciatori della Roma, non per rivendicare cose mie. Io sono autenticamente romanista, voglio che tutta la mia carriera sia qui e voglio finirla vincendo qui. A volte non c’è l’orgoglio della piazza, l’orgoglio di protezione deve essere incrementato, Roma deve difendere i propri talenti. Per esempio, quando ci sono state reazioni eccessive su un risultato nefasto che c’è stato, tutti i dirigenti sono stati attaccati. Le critiche sono plausibili, bisogna ascoltarle, ma quando i dirigenti vengono offesi o insultati, come si pretende che possano essere rappresentativi a livello internazionale? La Roma per essere forte ha bisogno di una dialettica differente, a Roma ci sono menti e penne, ma non posso confrontarmi con molti di loro”.

La biografia di Ferguson.
“Io non leggo volentieri le biografie di gente in vita. Ho letto ‘Febbre a 90’ per leggere gli stati d’animo del tifoso vero, autentico, che associa la sua vita rispetto alle fortune del club. Ferguson ha scoperto molti talenti, me ne ha fregato anche uno qualche anno fa e non lo perdono facilmente. Io sono incredibilmente soddisfatto delle prestazioni di Alessio Romagnoli: ci terrei molto che ragazzi di Roma appartenessero al nostro progetto. E’ un orgoglio”.

Qual è l’acquisto della carriera di Sabatini?
“Ce ne sono stati tanti. Per me il calcio è una speranza sempre in movimento, dinamica. Quando penso ai calciatori è sempre qualcosa di non statico. E’ una sfida quotidiana, la cosa che mi ha reso sopportabile la vita. Come soggetto umano sono piuttosto marginale: il calcio mi ha integrato nella vita, vivo attraverso il calcio. E’ questo che vorrei dire anche a Roma, che viene spesso denigrata in modo ignobile. Qui ci sono grandissime professionalità, che la Roma possa portarsele avanti a lungo. Qui c’è gente che sa, che si mette totalmente a disposizione e che bisogna preservare”.

Chi vince il mondiale?
“Ho troppi calciatori in giro (ride…). A parte l’Italia, nonostante le squalifiche di alcuni calciatori, direi il Brasile. Roma ha avuto grandissimi calciatori: stiamo facendo grandi cose, c’è una foto con la firma di Schiaffino al museo. Il Brasile deve vincerlo, così non succederà niente e saranno felici. Penso che una chance ce l’ha anche il Belgio: se non sentiranno la pressione, potrebbero essere una sorpresa. Io ho tanti calciatori in giro, troppi che rappresentano nazioni, territori… Non voglio fare il calcio asettico, anche la Bosnia meriterebbe tanto”.

Tra i progetti di Pallotta c’è anche quello di farla smettere di fumare?
“Quello ha già abortito, Pallotta lo sa. E’ un successo che non coglierà. E’ molto più facile che vinca lo scudetto, che arrivi in finale di Champions…”.