lunedì, Settembre 23, 2024 Anno XXI


La Roma non si discute si ama. Ma quale Roma? La nostra, aristocratica e popolare cuore e simbolo della Città Eterna, o quella di Chubby Jim (al secolo James Pallotta) veicolo di una speculazione immobiliare e finanziaria?
Perché è evidente che la preoccupazione unica di Pallotta e del suo entourage sia quella di salvaguardare un investimento, magari facendo qualche lira in attesa che arrivi la torta multistrato dello stadio con annessi e connessi, ed è altrettanto evidente che lui e il suo entourage non abbiano capito assolutamente nulla di Roma e della Roma e di che cosa significa il legame profondo tra squadra e città.

Per alcuni l’assenza di un qualsiasi coinvolgimento emotivo da parte di Chubby Jim era garanzia di qualità. Siccome business is business, non avrebbe mai sputtanato il suo investimento, anzi. Poi magari al Santo Padre, potendo scegliere, avrebbe donato la maglietta del suo vero amore, quei Boston Celtics che non vincono una mazza neanche loro ma che hanno una solida tradizione, ma questo sarebbe stato il meno.

D’altro canto moltissimi altri uscivano affamati e malconci dal Regno Sensi, i prigionieri di Rossella – tanto per citarne qualcuno, da accettare come benvenuto anche il “povero schifoso” o Fioranelli, o tutti e due. Magari anche coincidenti.
C’ha pensato quindi la “Banga” a dirimere la questione ma tralasciamo il particolare e la tormentata storia perché altrimenti non ne usciamo più.

Il nostro, Chubby Jim, da puro intenditore di soccer quale era (pur ignorando peso, dimensioni e forma del pallone), avallò l’idea visionaria dell’hombre trasversal che doveva essere messa a terra dall’hombre vertical.
Idea semplice. Se hai ai piedi un paio di scarpini devi essere per forza un calciatore e quindi, opportunamente inserito in una squadra di passaggisti puoi fare il tuo. Poca spesa molta resa. E poi, diciamola tutta: se Totti poteva essere l’Okaka bianco, perché Okaka non poteva essere er Totti nero?

Tutta colpa di CJ, del trasversal e dell’horizontal? Non scherziamo. Anche parecchi di noi c’hanno messo del loro. Quel “Mai schiavi del risultato!”, solo per fare un esempio, ha fatto più danni della grandine che di li a poco si sarebbe abbattuta su Trigoria, firmando al Nostro una cambiale in bianco di cui ancora oggi si vedono gli effetti.
Perché amici, fratelli nel romanismo, è duro dover fare un bilancio di una gestione con il treno ancora in corsa. Ma non possiamo esimerci dal farlo perché i fatti che abbiamo sotto gli occhi sono eclatanti. Cinque anni buttati.
Politiche demenziali sui costi dei biglietti, prossimità contro natura con i rivali storici della Roma, marchio calpestato e stravolto, nessuna comprensione per le istanze dei tifosi più caldi e passionali, sono state stazioni attraversate nel viaggio che ci ha solertemente organizzato verso l’inferno dell’apatia. Alla faccia del re del marketing americano!
Ma ancora. Una dirigenza sulla carta con credenziali di primo piano si è dimostrata lentamente ma inesorabilmente “a bunch of fucking dickheads” degna della lazialità di alcuni e dell’insipienza di altri nell’applicazione di un disegno che è risultato molto chiaro sin dall’inizio.

Ci siamo fatti intortare da una comunicazione compiacente e asservita di una società nominalmente tesa al successo sportivo (e come non potrebbe essere così), zeppa di proclami e promesse e orientata invece ad limitare le spese e i danni in attesa di saldarsi con la politica e l’imprenditoria romana (volutamente entrambe con la lettera minuscola), in attesa di costruire prima e mettere a reddito poi infrastrutture immobiliari. That’s it!

Ma quale squadra stellare che tremare il mondo fa? Tutti i giocatori buoni che sono usciti fuori sono stati collocati sul mercato e quelli che ancora stanno qui è perché se so rotti, ahinoi, strada facendo. Compresa la buonanima del povero Strootman (che dovrebbe essere la pietra angolare della rifondazione della Roma) per il quale si è andati subito a sondare in giro se si poteva alzare qualche sterlina dalla Premier League. In cambio di scommesse mai valorizzate che finora hanno rafforzato qualche volta la Primavera.
Con un allenatore che, non appena si è alzata l’asticella, ha mostrato pesantissimi limiti nella gestione della complessità di una stagione internazionale, peraltro era già stato ampiamente asfaltato in Europa con il Lille, che ha perso il controllo della situazione tecnica e motivazionale.

La curva chiusa di domenica ha regalato ad alcuni di noi una prospettiva televisiva altrimenti ignota. Uno spogliatoio silenzioso e triste per una squadra in cui ciascuno ha pensato di salvarsi individualmente con atteggiamenti al limite dell’insubordinazione.

Una dirigenza assente che ha prodotto danni, con i Direttori, Generale e Sportivo, ectoplasmi. Direttore Sportivo poi che dovrebbe essere cacciato via con ignominia al solo pronunciamento della frase “MERCATO DI GENNAIO 2015”.
Questa è la situazione a oggi. Se ne può uscire? Difficile dirlo ma dobbiamo iniziare a rimettere di nuovo insieme i cocci noi, i tifosi della AS Roma, con una serie di iniziative concrete che devono modificare il clima che ci si è creato attorno.
Noi come CoredeRoma siamo sicuri che ci riusciremo a dispetto dei “fucking idiots” che abbiamo importato da oltre oceano.
Ad maiora
Associazione CoredeRoma