domenica, Settembre 22, 2024 Anno XXI


da pagineromaniste.com

Walter Sabatini, ex direttore sportivo della Roma, è intervenuto in conferenza stampa, accompagnato dai dirigenti Mauro Baldissoni, Tonino Tempestilli e Bruno Conti, per spiegare il suo addio al mondo giallorosso. Queste le sue parole:

Walter SabatiniInizia Sabatini: “Intanto grazie, mi fa piacere che siete in molti. La prima volta che sono entrato qui c’era alta pressione e stavo meglio, ora l’umidità mi comprime. Con l’alta pressione pensieri e parole venivano più efficacemente, ricordo male la mia prima conferenza stampa, a quello faccio riferimento. Avrete cose da chiedermi, non è un bilancio definitivo, non è un consuntivo, la squadra è ancora in attività, ci sarà un’assenza fisica, ma una presenza intellettuale e psicologica, starò dietro a tutto quello che succederà, mi sentirò partecipe. La supposta sconfitta sul fatto che non abbiamo vinto può essere ancora ribaltata. La squadra è competitiva, allenata in maniera perfetta da Spalletti, si può fare bene in campionato. Ho fatto un ciclo lungo di 5 anni, con un’osservazione che faccio costantemente dentro di me: abbiamo una struttura che funziona, di gente che sa quello che fa. Da un punto di vista emotivo è mancata la convocazione al Circo Massimo dei tifosi della Roma. Non era tanto un sogno, ma una speranza che si è accesa saltuariamente rispetto alle squadre scese in campo in questi anni. Ho pensato che prima o poi le squadre di questo quinquennio avrebbero potuto competere per un risultato eclatante, la vittoria dello scudetto. E’ un grande rammarico, c’è frustrazione per questo. Ma non è rabbia, è una tristezza cupa, probabilmente irreversibile, a meno che non ci sia uno scatto immediato in questa stagione. E’ una tristezza quieta, crediamo di aver fatto il massimo, non mi vergognerei di questa Roma, sono anni che siamo competitivi, abbiamo fatto due secondi e un terzo, con un allenatore, Spalletti, che considero straordinario e con un gruppo competitivo. Io sono stato il direttore sportivo della Roma, lo sono stato esclusivamente, ho annullato totalmente la mia persona fisica e giuridica, non ho fatto niente se non il direttore sportivo della Roma. Non ho mangiato, scritto, urlato, litigato, senza sapere di essere il ds della Roma. Questa esperienza è stata la vita, non una frazione di vita. Quello che è successo prima nella mia vita è totalmente opacizzato, vedo solo la Roma e sento di aver vissuto per la Roma. Sono geloso di questo sentimento, sono anche preoccupato che quello che verrà dopo sarà difficile da affrontare, questa è stata la mia vita, non un brandello di vita.”

Cosa porta con sé di questa esperienza alla Roma? C’è tanta gente del club qui in conferenza…
Le persone che lavorano a Trigoria sono prevalentemente le mie badanti, le ragazze che lavorano di sopra. Mi hanno sostenuto, nutrito, curato, mi dispiace molto perderle. C’è tanta gente a cui ho voluto silenziosamente bene, non esterno i sentimenti, ma li curo dentro di me. So bene quanto la mia permanenza a Trigoria sia stata sostenuta da tantissime persone, qui c’è molta passione e competenza, fidatevi di tutte le nostre persone sono persone eccezionali. Anche tu partecipi a questa congrega di persone persone forti che ha lavorato con scrupolo, passione, amore e continuerà a farlo, questa azienda è ancora dentro i suoi obiettivi, c’è una squadra che ha fatto risultati contraddittori, ma è forte, fatta di ragazzi seri che vogliono fare qualcosa di importante. La prima volta che sono venuto qui ho parlato tanto e con enfasi, sono entrato qui che neanche ero ds della Roma. Ho detto tante cose, alcune plausibili, altre meno, ma una me la ricordo: ero qui per stimolare, per costruire una rivoluzione culturale, in questo risiede il mio vero fallimento. Il fallimento non è nei risultati sportivi e nella gestione dei calciatori. Ho reso la Roma un’insidia per tutti, è sempre stata presente. Ho fatto un mercato rissaiolo, ma non io, la Roma. In tema di rivoluzione culturale, che è una cosa magniloquente, si riferiva solamente ad un’esigenza, cioè pensare alla vittoria non come una possibilità, ma come una necessità. Trigoria, i calciatori, i tecnici, i dipendenti di Trigoria, non devono pensare alla vittoria come una possibilità, la vittoria o l’idea di vincere deve diventare una necessità. Tutti noi la dobbiamo considerare un evento necessario, se questo succede ecco la rivoluzione. Arrivare ai comportamenti di chiunque per centrare l’obiettivo, non penso di averlo centrato. Ho ancora qualche speranza che succeda, visto l’allenatore che c’è, auspico rimanga 5 anni, con il suo laboratorio permanente, spero che centri questo obiettivo. Mi sento molto deluso, qui si perde e si vince nella stessa maniera, questa è la nostra vera debolezza.

I tre momenti più belli di questa esperienza?
Intanto quando ho messo piede qui dentro, ero super motivato, ottimista, era un’emozione forte. Pensavo di poter fare qualcosa di importante, poi, dal punto di vista analitico, penso di aver fatto cose importanti. Pensavo a qualcosa di forte, trionfale, con la Roma che si imponesse come squadra, come azienda, come gruppo di persone, credevo fermamente che sarebbe successo… E’ stato un momento molto pregnante e motivante della mia vita. Poi ricordo le vittorie, bellissime, la vittoria del derby per 2-1, con il vituperato Ibarbo. Pagato 2 milioni di prestito, recuperati con il Watford 3 mesi dopo. Quel povero disgraziato di Ibarbo ha permesso al vituperato Iturbe di far gol e aprire la partita che ci ha portato in Champions. La ricordo con tanto affetto, quei due calciatori non hanno avuto molta fortuna. Ricordo tantissime cose, decine. Ricordo il gol di Bradley ad Udine che i portò quasi al record, ci fu il gol del ‘problema’ Borriello come lo definii. Ci sono stati anche momenti brutti, come la sconfitta nel derby di Coppa Italia, che è stata un po’ la catarsi del mio pensiero, dopo quella partita abbiamo cambiato indirizzo con successo. L’idea di non essere riusciti a vincere uno scudetto mi perseguita, la terrò per tutta la vita, a meno che questa squadra non faccia qualcosa di imprevedibile. Sono parte in causa, sia se vinca sia se perda questa squadra.

Totti è un blocco della massima espressione degli altri calciatori?
Totti, inevitabilmente, è una questione sociologica. Tutti vogliamo Totti, io gli darei il premio Nobel per la Fisica, ne istituirei uno per lui visto che non gli hanno dato il Pallone d’Oro. Il calcio internazionale e italiano soffrirà la sua assenza, alcune sue giocate sono irripetibile, altri non sapranno produrre le cose fatte da lui. Le sue traiettorie, le sue parabole hanno messo in discussioni Copernico, Keplero, la teoria di relatività. Totti costituisce un tappo, è una luca abbagliante, oscura tutto un gruppo di lavoro. La curiosità morbosa che c’è per ogni suo fare, dire, ogni sua espressione dentro e fuori dal campo, comprime la crescita di un gruppo di calciatori, è tutto comprensibile. Totti rappresenta un pezzo di carne di gente che è cresciuta con lui, o è invecchiata con lui, tutti fanno fatica a staccarsi da quel pezzo di carne. Il suo fenomeno andrà raccontato da qualcuno tra qualche anno.

Come si concilia il suo percorso sul mercato con il percorso tecnico della squadra?
Mi permetto di dire, poi mi succederà Ricky Massara nell’immediato, poi non so che succederà. Massara non è un mio delfino, è un professionista, laureato, competente, accettate l’idea che sia il ds della Roma, non che sia legato a me. Accettate questa idea, è un ragazzo educato, di estrazione sabauda, di madre francese funzionaria del Louvre. Vedrete un livello di educazione che non ho mai compreso, ci vuole una capacità di sopportazione notevole. Mi sostituirà e farà bene il suo lavoro, la Roma avrà un suo futuro anche con lui. Ci sono dirigenti importanti nella Roma, vituperati e diffamati, un giorno mi spiegherete perché qualcuno di voi vuole indebolire la Roma con la demolizione costante dei dirigenti della Roma. Accetto le critiche, le condivido, errori ne ho fatti e sono stati giustamente rimarcati, però io vedo che c’è la tendenza a far diventare Baldini un massone dannoso, Baldissoni un arrogante imbucato, giocatore di calcetto, anche lui massone. Preparate un dossier su Gandini appena arrivato. Le sconfitte della Roma sono tutte mie, non è la stampa che ha perso, non è un attacco alla stampa, è un attacco all’abitudine. Quando la Roma è debole, e ha fatto due secondi posto e un terzo con l’intervento miracoloso di Spalletti, è meglio che sia così debole. I latrati a pagamento possono avere una sua funzione. Io so quello che dico, non lo dico con polemica, faccio un’osservazione oggettiva e serena, parlo di un problema generale. Rendete la Roma forte, fidatevi dei dirigenti, non fateli diventare carne al macero da calpestare. Con una Roma debole c’è tutto da rimettere, tutti tranne chi usa la diffamazione costante. Non parlo di critiche, ho le spalle larghe, alcune critiche mi hanno molto aiutato. Gli altri lo fanno con le squadre importanti. La schizofrenia mi riguarda personalmente, è stata una necessità. Noi non possiamo individuare un obiettivo e andarci giusto, dobbiamo fare un calcio rissaiolo, bosco e riviera. Ho cercato di farlo, è giusto dire della continuità, ma noterete che in questa squadra c’è continuità. L’ultimo calciomercato è stato noioso e statico, ma abbiamo deciso di puntellare la difesa confidando che centrocampo e attacco hanno fornito un risultato rimarchevole. Abbiamo perso Mario Rui, Rudiger, Vermaelen, qualche disastro c’è stato. Nella continuità è più facile ottenere risultati. E’ stato necessario fare un mercato pirotecnico per raggiungere obiettivi. C’era una pressione UEFA addosso, dovevamo rimanere dentro i parametri.

Sabatini chiama una pausa sigaretta: “Mi fate fumare una sigaretta? Mi faccio due tirate fuori e sarò più efficace“. Ma per motivi televisivi rinvia la pausa.

In relazione alla schizofrenia: è difficile trovare un giudizio così schizofrenico sulla sua persona? Le è capitato di sbattere i pugni per un giocatore? Si è venduto l’anima ai padroni?
Secondo me il dato della patrimonializzazione è tarocco (ride, ndr). La mia anima è talmente complicata che non la venderebbe nessuno. E’ una strategia che mi è stata affidata, se vendo Benatia e compro Manolas non ho prodotto un danno, produco un utile. Ci sono rischi notevoli, è vero, ma i calciatori venduti sono stati adeguatamente sostituiti, nel saldo dare-avere ho cercato di non indebolire la squadra. Se vendo Ljajic e prendo Perotti penso di averci guadagnato. Ho creduto sempre di fare operazioni di mercato per non perdere dal punto di vista tecnico, Marquinhos per Benatia, a volte sono state fortunate, a volte meno, ma si è cercata sempre la competitività, siamo stati una squadra che dà tanto fastidio a chiunque, anche se non abbiamo vinto. Abbiamo fatto 85 punti in campionato, regalando le ultime 3 partite, con la Juve che ha prodotto risultati irripetibili. Potevamo fare 90 punti senza regalarle, a 90 punti si vincono 3 campionati su 5. Non credo di aver prodotto un danno facendo questo tipo di mercato. Il danno è che mancando la continuità non si arriva mai all’unità di intenti, alla conoscenza. Abbiamo dovuto farlo per essere competitivi, dentro queste scelte assunte ho fatto anche cose che non hanno funzionato, ma qualcosa ha funzionato.

Le proprietà straniere non sanno quello che comprano. Pallotta si è reso conto di cosa ha comprato? Sa cosa significa la Roma?
Sa perfettamente cosa è la Roma, se ne rende conto quando viene qui, sa la pressione e la passione, che andrebbe incentivata, visto che la passione popolare è il segreto del calcio. E’ una questione culturale, è un imprenditore americano che crede e deve fare le cose in una certa maniera. Pallotta è un bostoniano allegro positivo, incline allo studio della statistica, partecipa a meeting, io sono un europeo crepuscolare, forse sono un etrusco singolare. Lui vive e pensa il calcio in una maniera diversa da me. C’è rispetto reciproco, anche se ci sono stati conflitti. Ma la rescissione consensuale dimostra un buon rapporto. Pallotta si è sempre fidato del mio operato, ma non è stato lontano a conseguire obiettivi importanti. Milan e Inter vorrebbero essere la Roma, siamo incappati in un ciclo della Juventus straordinario, Paratici e Marotta hanno fatto scelte superiore a noi. Non siamo stati tanto al di sotto, al di là dei 17 punti. Abbiamo fatto un secondo posto con la gestione Garcia con molti punti di meno, battendo la Lazio in una partita drammatica. Siamo ripartiti tra le difficoltà, poi abbiamo portato Spalletti, che ha una media scudetto considerando tutto il suo ciclo. C’è una media di secondo posto abbondante. La vittoria dello scudetto è stata la mia speranza delusa, con la piccola riserva che possa succedere qualcosa di imprevedibile.

Pausa di un paio di minuti per una sigaretta.

Lei ha parlato di una società molto in salute, ma perché lascia la Roma? Pensa di aver concluso un certo tipo di percorso, come quello dei rinnovi?
Nainggolan non è all’ordine del giorno, lui ha chiesto un adeguamento, la società sta valutando se farlo, non credo si farà, ci sarà un premio in base alle sue prestazioni, stiamo negoziando. I calciatori si devono rendere conto che abbiamo perso la qualificazione in Champions, un evento dolorosissimo per l’azienda e per i tifosi, ci sono considerazioni inevitabili, ma poi questa vicenda sui salari sarà portata avanti da Baldissoni, ha tutti i requisiti per farlo. Non è una priorità assoluta per noi, per noi lo è che la squadra si metta in testa di poter fare cose importanti, ha la possibilità di farlo. I motivi? Sono cambiate le regole di ingaggio, io posso fare solamente il mio calcio, non sono una mente elastica. Il presidente e i suoi collaboratori, giustamente e legittimamente puntano su altre prerogative, puntano sulla statistica, stanno cercando un logaritmo vincente. Io vivo d’istinto, non vedo il pallone come un oggetto che fa un tot di rimbalzi, ma ci vedo il mio universo intero. Per me la palla è qualcosa, sono dentro al pallone, fuori dal pallone, vivo il mio calcio immaginifico, il mio calcio che non può essere freddamente riportato alla statistica che descrive un calciatore. Le statistiche aiutano ma tradiscono: prendete l’esempio di un terzino che ha fatto 12 cross a partite, ma non si tiene conto di una connessione nel calcio. Magari ha fatto 12 cross a partite grazie ad un simil Totti che ha trovato le linee giuste. Magari un terzino fa uno due cross a partita perché ha un energumeno vicino. Non voglio dibattere o combattere queste tesi contrapposte, devo fare il mio calcio e devo farlo in buonafede, non intendo cambiare. La società, Pallotta e i suoi collaboratori, pensano ad altre possibilità, io sono incline alla mia sofferenza notturna, mi sparo 5 sigarette e cerco di capire se un soggetto è bravo. Povero Piris ad esempio, non era un giocatore da Roma. Le cantonate le ho prese, le continuerò a prendere, ma faccio una tara, l’avere supera nettamente il dare.

Lei viene sostituito da una macchina quindi?
No, da una cultura, da un modo di fare, che non è condannabile, non censurabile, lo fanno in molti, io ritengo di non essere all’altezza di questo compito. Ho una idea di me stesso piuttosto altolocata, ma sono un presuntuoso critico. Devo fare il mio calcio, voglio fare il mio calcio e qui adesso posso farlo un po’ di meno. Sono un uomo leale, so di non poter fare il massimo in questa situazione, c’è stato un episodio scatenante che ha portato a questa cosa. C’è un giocatore che non ho perso (Boye, ndr) perché mi è mancata l’arroganza e la determinazione di poter fare quell’operazione, che comportava un’operazione crassa. Sentendo le mie spalle una serie di osservazioni giuste e corrette ho perso l’attimo fuggente. La mia forza è l’attimo fuggente, sulle cose arrivo con forza, prepotenza, sono orgogliosamente il ds della Roma. Perso questo giocatore ho capito di non meritare più la Roma. Odio non averlo preso, mi fa star male, mi sento morire. Se io fossi un direttore simmetrico direi che mi aggiornerò, non farò nessun viaggio studio, mi cercherò una tana dove rinchiudermi, un buco dove nascondermi e stare zitto per 10-20 giorni, spegnerò il telefonino, non mi troverete. Questo episodio è stato decisivo nel decidere, ho capito che non devo essere più io il direttore sportivo della Roma. Lo avevo capito già prima, ma è stata una causa scatenante.

Ci spiega il ruolo di Baldini?
Massara potrebbe essere il ds della Roma per altri dieci anni, ho detto che per adesso c’è. Farà questo mestiere a lungo, è un ragazzo onesto, serio e competente. Il ruolo di Franco Baldini è meglio che ve lo spieghi lui o Pallotta. Franco si è confrontato con me prima di accettare questo incarico da parte di Pallotta, mi ha chiesto se avessi provato fastidio, gli ho detto di no, perché avevo già assunto le mie decisioni. E’ un grande acquisto per la Roma, fatto salvo che è notoriamente un massone, con lui Baldissoni. Prepareremo un nuovo dossier. Sto polemizzando con alcuni, non con tutti. Quante battute e allusioni avete fatto sulle commissioni? La maggior parte di voi è edotta circa le procedure, io pago una commissione per acquistare un giocatore, queste commissioni dove sono, dove sono le mignotte, dove sono le vacanze nelle isole, le prebende, le tangenti. Gli individui, non la stampa, le sconfitte sono tutte mie, non della stampa. Le commissioni le ha prese chi doveva prenderle, non ci sono prebende per nessuno, la Roma è una società onesta, io sono un uomo onesto. Questi individui venissero in tribunale con me, tirassero fuori i fatti, si associno in una Cialtroni & Co. Iscrivete alla società chi vuole venire contro di me, giocatevi i vostri soldi in tribunale, non li darò in beneficenza, vado nel mio posto ideale e mi gioco la mia spina dorsale, tutte le fiches con i vostri soldi. Le commissioni, gli agenti, questo consorzio tra Sabatini e agenti. Vacanze ad Ibiza, signorine, non ho avuto bisogno di signorine a pagamento. Quegli individui la facciano finita, o ora si alzassero in piedi e venissero contro di me davanti a un giudice.

C’è già una destinazione per il suo futuro?
Essendo io un incosciente definitivo non faccio una scelta avendo coperture. Non ho nessuna offerta, non ho ricevuto telefonate, sono disoccupato. Ho bisogno di lavorare, io sono un direttore sportivo, la vita è un corollario, non sono riuscito tanto a viverla, io vivo se lavoro e faccio il mio mestiere, auspico che qualcuno mi cerchi, non guardo alle grandi società, accetto lavori ovunque, un panino con la mortadella vale quanto un pasto col caviale. Qualcuno mi raccatterà, sennò mi ritirerò nella mia tana.

Lei disse di non affezionarsi ai calciatori, non pensa che in questo caso la Roma abbia sbagliato bersaglio visto lo stadio sempre più vuoto? Non manca questa affezione della gente per i calciatori?
Totti è un tappo perché irradia una luce così forte, gli altri restano in penombra, non maturano caratteristiche per rimanere nella Roma. Mi chiedo perché la Roma abbia perso questa empatia. E’ il calcio moderno, si cedono giocatori. Non capisco perché la Roma non debba affezionarsi a Salah, Perotti, Manolas, a Dzeko, che è una cariatide come l’avete definita. Probabilmente ci si affezionerà a Bruno Peres. Ho detto che strategicamente, inevitabilmente, il calciatore dopo due tre anni viene ceduto, succede ovunque. Il problema salariale è insormontabile, quando un calciatore va oltre una prestazione più che sufficiente diventa difficile gestire la questione salariale. Io per esempio sono tanto affezionato ai miei calciatori, non vedo perché gli sportivi non debbano essere affezionati.

Le è mai capitato che qualcuno le suggerisse chi comprare? Chi avrebbe voluto tenere ma l’ha dovuto cedere? Chi avrebbe voluto comprare e non ci è riuscito?
Ne avrei comprati centinaia. Ci sono tanti calciatori che mi ha fatto vale vendere, ne cito uno senza mancare di rispetto agli altri ragazzi. Cedere Lamela mi ha ucciso, perché Lamela è stata la mia provocazione, quando ho ritenuto di poter essere il ds della Roma ho imposto questa operazione importante e impegnativa, ho voluto farlo perché immediatamente volevo dare un segnale di forza della Roma, un segnale di presenza. Era un talento emergente, un predestinato, ho voluto dire che la Roma c’era, lasciateci il nostro spazio, faremo a gomitate nel mercato. Fu un’operazione complicata e inquinata, alla settima giornata si è presentato con un gol al Palermo straordinario. Nel secondo anno con Zeman è molto migliorato, venderlo è stato un dolore, grande. Ogni volta che ho venduto un calciatore mi sono sentito male, edulcorato dal fatto che ho comprato uno che ritenevo più forte. Sempre qualcuno mi suggerisce di comprare, io puntualmente non lo faccio se non ritengo che debba esser fatto, anche all’interno del club. Poi una volta in venti anni mi è capitato.

Ha la sensazione che Pallotta si sia stufato della Roma?
No, non lo penso proprio, credo che sia un privilegio per lui, lo vive con grande passione, credo che è molto attaccato all’idea di render forte la Roma, non perché lo stadio sia una speculazione, ha esperienze dirette e sa perfettamente che lo stadio darebbe una percentuale più alta per esser competitivi nella dimensione internazionale. Migliorerà, vuole andare avanti, ha idee, speriamo che abbia la fortuna di perseguirle e metterle in pratica.